Paolo di Modica

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Sono Paolo Di Modica ho 44 anni e sono un musicista, un flautista. Stavo preparando un concerto per il gennaio 2007, quando mi sono accorto che qualcosa non andava. Ho cominciato con un minimo disturbo al mignolo. Pensavo ad una tendinite o a qualcosa del genere, la diagnosi o meglio, la condanna, come la definisco io, è stata Sla. 

Mi è stata comunicata al Fatebenefratelli, da un medico che mi aveva seguito, nel corridoio, mentre stavo tornando a casa dopo gli accertamenti, come una notizia qualunque: “Ha una malattia del motoneurone. Non si affatichi”. Io pensai, faccio il musicista, mica lo scaricatore di porto.

Nonostante il modo fugace e senza tatto in cui mi fu data la notizia, tornai a casa curioso di sapere in cosa consistesse la mia patologia. Non ne sapevo nulla. Sono andato su internet a cercare cosa fosse; ho “scoperto” la Sla. Sono rimasto agghiacciato. In quel momento ho sudato freddo, mi si è annebbiata la vista, il mio cervello si è rifiutato di capire ciò che leggevo. Questo accadeva nel giugno 2007. La mia reazione è stata di paura. Per oltre un anno sono rimasto rinchiuso in casa, non volevo parlare né vedere nessuno. Evitavo di guardare gli altri, la malattia, il mio futuro, il mondo.

Ora non sono più un musicista, anche se nell’animo lo resterò a vita. Ho abbandonato la musica. Ho fatto un ultimo concerto, il concerto del motoneurone, come l’ho definito io, il 28 agosto 2007. Ho pensato: l’ultimo della mia vita, ed è stato così. Ha partecipato anche Piovani e come ultima canzone abbiamo suonato La vita è bella, la colonna sonora del film di Benigni. Ed è così, in realtà la vita è bella.

Ad un certo punto mi sono come svegliato da un lungo sonno e ho capito di dover lottare, nella speranza che si trovi una cura. Mi ero rassegnato troppo presto alla malattia. La diagnosi aveva distrutto me e mia moglie, totalmente. Ho smesso di suonare subito, appena ho saputo. Anche se avrei potuto continuare per un altro po’ di tempo. Solo che la testa non c’era più. Non mi divertivo più. La musica, oltre che un lavoro, per me era una passione. Quindi ho mollato. Tutto questo grazie ai medici “cattolici” e al modo in cui mi hanno dato la mia condanna. Alla faccia della carità cristiana.

la forza di reagire mi è venuta solo a dicembre dello scorso anno, dopo circa un anno e mezzo. Una mattina sono andato a seguire il protocollo di Vescovi sulle staminali. Lì ho incontrato una giornalista del Tg3 che voleva intervistare un malato di Sla, non famoso, non un calciatore. Accettare un’intervista è come dirlo al mondo. Ma preferivo che la gente sentisse che cosa avessi dalla mia voce, senza che si potessero fare dei pettegolezzi. Da lì ho iniziato la mia realtà nella malattia. Fino al giorno di decidere di rilasciare l’intervista, prima di addormentarmi pensavo solo alla parola Sla, continuamente, ininterrottamente, ossessivamente. Nel momento in cui ho deciso di parlare con la giornalista, mi sono messo a letto pensando a cosa dire alle telecamere, agli altri, alle persone che sentivano parlare della malattia. In quei giorno ho cominciato a peggiorare fisicamente, ma sono rinato a livello psicologico, ho avuto un atteggiamento diverso rispetto a tutto.

Conoscevo bene la storia di Luca Coscioni, avevo sentito parlare spesso di Piergiorgio Welby, avevo visto Borgonovo andare in tv tutto intubato. Ho cominciato a pensare al dovere di portare avanti la nostra battaglia, la mia battaglia. Io non sono nessuno rispetto a loro, mi sono detto, ma è giusto farne parte. Così mi sono buttato nella mischia. Dopo l’intervista ho anche aperto un blog mio. Ho scoperto questa mia nuova attività, ho ritrovato la mia ironia. Il “peggio” del mio progressivo immobilismo è di aver risvegliato, ancora di più la mia coscienza.

Perché sostengo l’Associazione Luca Coscioni: 
Ho la Sla. Coscioni e Welby mi hanno fatto pensare al dovere di portare avanti la nostra battaglia, la mia battaglia
 
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http://www.ilmusicoimpertinente.blogspot.com/