Lettera di saluto a Paolo Ravasin

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Oggi il telegiornale ha dato la notizia della morte di Paolo Ravasin malato di sla, io non conoscevo la sua storia ma dato lo spazio che gli hanno dedicato sono andato su internet per saperne di più.

Ho così appreso della battaglia per i diritti civili e in particolare per il riconoscimento del testamento biologico che la classe politica del nostro paese non né vuol sentir parlare.

Paolo si dichiarava cattolico praticante e diceva:

” Dio ci ha dato la libertà ” anch’io sono convinto che il dono più grande che ci è stato donato è il libero arbitrio, cioè la volontà di scegliere tra il bene e il male.

Ebbene vorrei domandare ai presunti difensori dei valori cristiani cosa centra il testamento biologico con i valori cristiani.

Cosa centra il rifiuto di pratiche come l’accanimento terapeutico con i valori cristiani, questa pratica non è forse una forzatura sui nostri limiti difronte alla morte.

Ma non trovate una contraddizione con la battaglia che viene condotta contro le pratiche di contraccezione in quanto alterano i processi naturali?

La vita va vissuta fino in fondo alle nostre capacità, anche Gesù, nell’orto degli ulivi, chiese al Padre suo di allontanare il calice amaro della sua passione, e Gesù, con la sua passione, stava attuando un disegno divino per la nostra salvezza. Chi siamo noi mortali per pretendere di più di quanto Lui poteva sopportare?

Se non sbaglio il cardinal Martini, nel momento in cui non era più in grado di gestire il suo corpo chiese che la natura facesse il suo corso.

Certo questa procedura non è ” la dolce morte ” ma perché un uomo, di fronte ad una malattia che produce solo dolore per lui e per chi gli è vicino non può servirsi di procedure che alleviano il dolore?

È sicuramente un discorso difficile da affrontare, ma i meno titolati sono coloro non vivono il problema.

Io mi dichiaro cattolico, sicuramente con una fede piccola, ma sicuramente sono cattolico per cultura in quanto sono nato in un paese cattolico.

Saluto Paolo Ravasin anche se non ci siamo conosciuti di persona, perché non solo ci accomuna la malattia ma anche il pensiero.

Ciao Paolo,

Luigi Brunori