Il 20 dicembre 2006 morì Piergiorgio Welby, dopo 88 giorni di lotta per poter “morire senza soffrire”.
«Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio … è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti»
Piergiorgio Welby, lettera al Presidente della Repubblica – settembre 2006
Biografia
Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare – malattia neuromuscolare degenerativa che causa l’atrofia progressiva della muscolatura scheletrica -, è stato il pioniere della battaglia per l’eutanasia legale e per il diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia. E’ stato co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni.
Nel luglio del 1997, vicino al compimento dei suoi 52 anni, la moglie Mina Welby chiamò i soccorsi in seguito ad una crisi respiratoria. Da quel momento Piergiorgio resterà attaccato ad un respiratore artificiale benché l’avesse rifiutato e, uscito dal coma, con il suo permesso fu sottoposto ad una tracheotomia.
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L'iniziativa politica
La condizione nella quale si ritrovò a causa della distrofia muscolare spinse Piergiorgio Welby a chiedere più volte che gli venisse «staccata la spina», ma la sua richiesta non fu accolta in quanto pareva contrastante con le leggi in vigore.
Per far conoscere la propria situazione, nel 2002 aprì un dibattito sull’eutanasia su un forum di Radicali Italiani e un blog personale.
E’ grazie a Piergiorgio che oggi i degenti impossibilitati alle urne possono votare, dopo che il 12 aprile 2005, benché incapace di muoversi, fu accompagnato da esponenti del Partito Radicale a votare in occasione del referendum sulla fecondazione assistita.
Piergiorgio Welby è stato candidato per la Camera dei deputati nelle liste della Rosa nel pugno durante le elezioni politiche del 2006 nella circoscrizione Lazio1 pur non risultando eletto.
Sempre nel 2006 chiese ufficialmente la propria morte: il “caso di Welby” suscitò in Italia un acceso dibattito sulle questioni della vita e della fine della vita e, più in generale, sui rapporti tra la legge e le libertà individuali.
Nel settembre di quello stesso anno Piergiorgio inviò una lettera aperta al Presidente della Repubblica chiedendo il riconoscimento del diritto all’eutanasia. Giorgio Napolitano rispose auspicando un confronto politico sul tema.
La Chiesa cattolica, il 21 novembre 2006, in un messaggio per la 29ª giornata per la vita dell’anno successivo, riaffermò la sua contrarietà all’eutanasia. Il 5 dicembre 2006 il Ministro per i Diritti e le Pari opportunità Barbara Pollastrini, chiese «rispetto, comprensione e pietà» nei confronti di Welby. Il giorno successivo fu il Ministro della Salute Livia Turco ad auspicare un intervento del Consiglio Superiore di Sanità che chiarisse se nel trattamento medico a cui era sottoposto Welby fosse ravvisabile accanimento terapeutico. Il Consiglio diede parere negativo.
L’8 dicembre 2006, in una lettera inviata al Tg3, Welby paragonò la sua condizione a quella vissuta da Aldo Moro durante la prigionia.
In quei giorni La Repubblica commissionò un sondaggio che mostrò come il 64% degli intervistati si dichiaravano favorevoli all’interruzione delle cure mediche per Welby, contro il 20% dei contrari.
Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali di Welby di porre fine all’accanimento terapeutico, dichiarandola «inammissibile», per via del vuoto legislativo su questa materia. Secondo il giudice esisteva il diritto di chiedere l’interruzione della respirazione assistita, previa somministrazione della sedazione terminale, ma questo era un «diritto non concretamente tutelato dall’ordinamento». Nella stessa giornata si svolsero in 50 città delle veglie a sostegno delle volontà di Welby.
Pochi giorni dopo, il 20 dicembre 2006, verso le ore 23.00, Piergiorgio Welby si congedò dai parenti ed amici riuniti al suo capezzale, chiese di ascoltare musica di Bob Dylan e, secondo la sua volontà, fu sedato e successivamente fu staccato il respiratore. Verso le ore 23.45 è quindi morì. Il dottor Mario Riccio, anestesista, confermò durante una conferenza stampa tenutasi il giorno successivo, di averlo aiutato a morire contro la decisione dei giudici alla presenza della moglie Mina, della sorella Carla e dei compagni radicali dell’Associazione Luca Coscioni: Marco Pannella, Marco Cappato e Rita Bernardini. Il dottor Riccio fu subito interrogato dalla Digos assieme a Cappato, che aveva aiutato Welby anche procurandogli la disponibilità da parte di medici belgi a praticargli l’eutanasia nel caso in cui non fosse stato possibile a Riccio sedarlo.
Il caso giudiziario
Il 1º febbraio 2007 l’Ordine dei medici di Cremona ha riconosciuto che il dottor Mario Riccio agì nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti. L’8 giugno 2007 il giudice per le indagini preliminari impose al pm l’imputazione del medico per omicidio del consenziente, e respinse la richiesta di archiviazione del caso. Dopo sette mesi di battaglia legale, il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, prosciolse definitivamente il dottor Riccio ordinando “il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato”. Nel dispositivo della sentenza il giudice fece riferimento all’articolo 51 del Codice Penale, che prevede la non punibilità per il medico che adempie al dovere di dare seguito alle richieste del malato, compresa quella di rifiutare le terapie sancita dall’articolo 32 della Costituzione.
Il vicario generale per la diocesi di Roma, cardinal Camillo Ruini, rifiutò di celebrare i funerali di Piergiorgio Welby dichiarando di aver preso personalmente la decisione: «Per la Chiesa il suicidio è intrinsecamente negativo». Il funerale laico di Piergiorgio Welby fu celebrato il 24 dicembre 2006, in piazza Don Bosco nel quartiere Tuscolano a Roma, di fronte alla chiesa che i familiari avevano scelto per la cerimonia religiosa. Al rito parteciparono migliaia di persone, tra cui alcuni esponenti politici di centro sinistra, i quali però rinunciarono al loro discorso in quanto contestati dai presenti.
QUI IL DETTAGLIO DEL CASO GIUDIZIARIO
Cosa rimane della sua battaglia
LOVE IS ALL - Piergiorgio Welby, Autoritratto
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