Welby, assolto l’anestesista: “Non fu eutanasia”

di Claudio Del Frate
Mario Riccio il 20 dicembre staccò la spina. Gli atti alla Procura di Roma per l’inchiesta penale. Pannella: «Sono felice». Pedrizzi (An): «Inconcepibile» Welby, assolto l’anestesista: «Non fu eutanasia» Voto unanime, l’Ordine dei medici di Cremona archivia il caso.

«Rispettata la volontà del paziente»

CREMONA — Punto primo: Piergiorgio Welby ha espresso «una volontà lucida, pienamente cosciente e sapeva a quali conseguenze sarebbe andato incontro». Punto secondo: la sedazione del malato effettuata dall’anestesista è in linea con i protocolli abitualmente in uso». Punto terzo: in base al codice etico «nessun malato può essere curato contro la sua volontà».

E inattaccabile sotto ogni punto di vista, il comportamento del dottor Mario Riccio, che il 20 dicembre scorso aiuto Piergiorgio Welby, malato terminale, a morire; e dunque l’ordine dei medici di Cremona, la città in cui Riccio lavora, non ha potuto che archiviare il procedimento disciplinare a carico del loro collega che ha diviso l’Italia. La morte di Welby non fu eutanasia, non violò l’ortodossia della professione medica: alla fine anche i componenti di ispirazione cattolica della commissione hanno votato per il «non doversi procedere» .

Votazione unanime ma che ha subito scatenato una ridda di reazioni. Prima fra tutte quella del diretto interessato, Mario Riccio: «Sono contento: è stato riconosciuto il diritto del paziente a sospendere quando vuole le terapia, anche quelle salvavita. In fondo era quello che Welby voleva». Riccio è assediato dalle telefonate nel suo appartamento nel centro storico di Cremona: lo «tampinano» gli americani della Reuters, lo reclamano le tv. Lui è reduce dal turno di notte in ospedale ma non si sottrae al bombardamento mediatico.

«Sono sollevato. Dentro di me sapevo di aver agito correttamente». Pochi minuti dopo mezzogiorno arriva sul suo telefonino anche l’sms più gradito: «Siamo felici per l’archiviazione. Mina e mamma». Sono la moglie e la madre di Piergiorgio Welby. Ma il percorso per arrivare al verdetto non è stato facile. Tre sedute, l’ultima terminata mercoledì nel cuore della notte, l’acquisizione di pareri e testi freneticamente cercati su Intemet sono stati necessari per giungere a un punto fermo e ieri mattina il presidente dell’ordine dei medici cremonesi, Andrea Bianchi, aveva l’aria di chi si è tolto un grosso peso. «Il diario consegnatoci da Riccio e le cartelle cliniche -così ha motivato il verdetto- hanno dimostrato che Welby era pienamente consapevole e sapeva quello a cui andava incontro. La sedazione praticata da Riccio prima del distacco del respiratore è stata corretta: il farmaco somministrato non ha provocato la morte del paziente e non c’è stato dunque alcun atto eutanasico. Welby è stato aiutato “nel” morire non “a” morire».

Rispettati dunque in pieno sia l’articolo del codice che impedisce al medico di proseguire nelle cure contro la volontà del paziente sia quello che impone al medico stesso di fornire ogni informazione al malato. «Mi auguravo semmai meno spettacolarizzazione della vicenda — si è rammaricato Bianchi e ci ha infastidito una certo uso strumentale che ne è stato fatto. Illustri figure politiche hanno parlato di omicidio. Non è certo il clima più propizio per affrontare un problema come questo» . Impossibile immaginare che l’unanimità raggiunta all’ interno del consiglio dell’ordine di Cremona si riflettesse nel resto del paese e ieri le prese di posizione sono state le più svariate. Il più duro è Riccardo Pedrizzi, responsabile di An per le politiche della famiglia: «Decisione inconcepibile, Riccio andava radiato, intervenga l’ordine nazionale». Caustico il senatore Francesco Cossiga sul fatto che li verdetto sia stato influenzato da un intervento del cardinale Martini: «L’arcivescovo di Milano è un fine biblista ma non un moralista o un teologo…». No comment del ministro Livia Turco, soddisfatti invece Daniele Capezzone: «Decisione saggia», e Marco Pannella: «Voto unanime, sono felice». Chiusa l’inchiesta disciplinare, resta aperta quella penale: la procura di Roma acquisirà il parere formulato a Cremona. «Dalla capitale non mi sono state comunicate novita — ha detto ieri Riccio — e non mi risulta di essere indagato».