Sono passati pochi giorni da quando si è diffusa una grande soddisfazione per l’arrivo della tanto attesa modifica della legge elettorale, relativamente al voto a domicilio per le persone disabili intrasportabili [si tratta della definitiva approvazione da parte del Senato del Disegno di Legge 1539]. Tale modifica, in realtà, è passata quasi sotto silenzio, tanto che, perfino all’ASL in pochi ne erano a conoscenza.
La mia famiglia si è immediatamente attivata, ma il percorso che abbiamo compiuto è stato talmente complesso da poter essere assimilato ad una vera e propria "odissea nello spazio".
Il primo passaggio ci porta dunque all’ASL per chiedere quali documenti medico-legali servano e come fare per ottenerli. Ci viene fornita una copia della domanda relativa alla legge precedente e ci invitano a recarci presso un altro ufficio. Qui ci viene richiesto un attestato del medico di base relativo alla mia condizione di intrasportabilità. Secondo le indicazioni verbali fornite, esso è necessario per effettuare la visita medico-legale, unico certificato realmente valido in tal senso. Con il documento compilato dal medico di famiglia, torniamo quindi all’ufficio preposto, ma a quel punto ci viene comunicato che i termini sono scaduti. Facciamo notare che da diversi giorni ci sballottano a destra e a sinistra e che la circolare di cui siamo in possesso attesta come termine ultimo per la presentazione delle domande il giorno 20 e non il 18 maggio. Di rimando, ci rispondono che il termine è cambiato. Replichiamo ancora che la modifica non è stata comunicata né all’ASL né a noi e ribadiamo di nuovo che sono ormai diversi giorni che giriamo a vuoto. A quel punto veniamo condotti dal responsabile che – pur dandoci ragione – afferma che le condizioni per il voto a domicilio sono in realtà molto restrittive.
Alla fine, però, ci concedono la valutazione del medico legale e alle 12.30 dello stesso giorno egli arriva, per la compilazione del tanto atteso modulo. Quando si congeda, ci dice di consegnare il documento entro le 13, nonostante poi affermi di non essere sicuro dell’orario. Gli chiedo allora di segnalare sul certificato l’ora in cui ci è stato rilasciato e dopo qualche garbata protesta, il medico legale scrive l’orario del suo arrivo, cioè le 12.30. Gli faccio però notare che il certificato stesso in realtà è materialmente pronto dopo oltre mezz’ora. A quel punto, dunque, viene indicato, come orario di rilascio quello delle 13. Mio padre va a consegnare immediatamente la domanda all’Ufficio Elettorale, ubicato a circa quindici chilometri da casa mia. Al suo arrivo, scopre però che l’Ufficio aveva chiuso alle 13. Passa un’ora e alle 14 arriva – insperata – una telefonata in cui dicono di essere stati avvisati del problema e che quindi avrebbero eccezionalmente accettato la documentazione anche il giorno successivo… Una serie di considerazioni mi sembrano quanto meno necessarie. Mi chiedo ad esempio come mai qualsiasi diritto previsto per legge – oltre a non essere sufficientemente comunicato e diffuso – debba diventare un percorso ad ostacoli. Mi chiedo anche se – nel caso non avessi fatto apporre l’ora di rilascio del certificato – mi avrebbero permesso di consegnarlo in ritardo.
Resta il fatto che, nonostante la nuova legge conceda anche a me di far valere il sacrosanto diritto-dovere di voto senza che ciò comporti ulteriori problemi per la mia salute, mi sono ritrovata ad aggirarmi in un groviglio di incertezze, una più assurda dell’altra. I signori che sono venuti in contatto con me sono stati gentili, ma questo non cambia lo stato dei fatti: un diritto negato per anni (il voto realmente fruibile a chi non può muoversi dalla propria abitazione) e poi concesso con la Legge 22/06 solo a coloro che dipendono «in modo continuativo e vitale» da apparecchiature elettromedicali, ora dovrebbe essere allargato a tutti coloro che hanno condizioni serie di salute tali da impedire di spostarsi dalla propria abitazione. Ma in realtà mi sembra che il principio di uguaglianza e il diritto di voto costituzionalmente sanciti prevedano ancora talmente tanti passaggi e procedure da rendere quasi impossibile esercitarli. La mia esperienza, infatti, è stata tanto dura da indurmi a pensare che, se prima serviva un respiratore per avere accesso al voto a domicilio, oggi si debba quasi essere prossimi all’estrema unzione!… Tutto, insomma, è reso estremamente complicato e restrittivo. Ma la nuova legge non avrebbe dovuto all’opposto semplificare le prassi? Mi auguro che, almeno in questo caso, il problema sia dovuto solo a una "necessaria" fase di rodaggio, dato che la norma è appena stata approvata. Ciò non toglie che si siano ancora una volta create al cittadino difficoltà contingenti la cui forza è tale da rendere difficile l’esercizio di un suo diritto.