Un patto mondiale per ripulire il pianeta dal Mercurio

Il Venerdì di Repubblica
Alex Saragosa

A Minamata la chiamavano la malattia dei gatti danzanti: i felini giravano in circolo per ore, prima di cadere a terra morti. Poi però, nel piccolo villaggio di pescatori in Giappone, cominciarono a morire gli esseri umani, a centinaia, mentre molti altri nascevano con gravi handicap. Ma ci vollero anni prima che l’industria chimica Chisso ammettesse che il mercurio scaricato nella baia dall’impianto avvelenava il pesce di cui si nutriva la gente. Sessanta anni dopo quei fatti, a Minamata, il prossimo ottobre, si firmerà il primo accordo internazionale che eliminerà, nel tempo, le emissioni nell’ambiente di mercurio, metallo tossico che aggredisce molti organi, e in particolare cervello e sistema nervoso. Lo hanno deciso a fine gennaio, a Ginevra, 140 nazioni, che hanno anche stabilito i pochi usi per cui questo metallo resta indispensabile. Fra questi, c’è la preparazione di un controverso conservante per farmaci, il thiomersal, impiegato per proteggere i vaccini destinati ai Paesi poveri, dove spesso la refrigerazione non è disponibile. «La riunione di Ginevra è solo un primissimo passo» spiega Nicola Pirrone, dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr, il centro di ricerca che nei prossimi anni coordinerà per l’Onu il monitoraggio globale dell’inquinamento da mercurio. «Superando la resistenza di molti Paesi, come Cina, Australia, e India, si è finalmente deciso di considerare le emissioni di mercurio un problema globale, e non una questione delle singole nazioni. Il mercurio, infatti, una volta rilasciato come vapore nell’atmosfera, viaggia dove vuole, finisce in mare e, trasformato dai batteri in metilmercurio, entra nella catena alimentare e la risale, concentrandosi nei grandi predatori marini, e finendo poi nelle persone che se ne nutrono. Il problema è serio, soprattutto nei Paesi che mangiano molto pesce, ma anche in Italia è bene limitare, soprattutto durante la gravidanza, il consumo di specie come tonno o pesce spada». L’accordo per ora non specifica i valori massimi di emissioni, andrà dunque perfezionato in successive riunioni. Ma il percorso non è facile: «Ogni anno le attività umane rilasciano nell’atmosfera 2300 tonnellate di mercurio (di cui nove dall’Italia) e 1500 si aggiungono per le emissioni naturali, dai vulcani, per esempio. La principale fonte antropica è l’estrazione dell’oro dai sedimenti alluvionali: il mercurio scioglie l’oro, che viene poi recuperato facendo evaporare il metallo liquido. Una tecnica dannosissima, usata da decine di migliaia di piccoli cercatori d’oro in Paesi come Brasile, Laos o Venezuela: spetta ora ai governi convincerli a servirsi di tecniche meno inquinanti. La seconda fonte è la combustione del carbone. Qui si tratta di obbligare i produttori di elettricità, ma anche di cemento o acciaio, ad adottare filtri speciali che possano rimuovere il mercurio dai fumi del carbone, rendendo però quella fonte energetica, oggi scelta proprio perché economica, più cara. Infine ci sono gli inceneritori di rifiuti, e qui entriamo in ballo anche noi cittadini: mai buttare nei rifiuti generici lampadine fluorescenti, vecchi termometri e apparecchi elettronici: sono tutte fonti di quel mercurio che poi ritroveremo nei pesci che portiamo in tavola».