Testamento biologico: rifiuta le cure e muore

di Francesco Alberti
MODENA – La signora Vincenza, 70 anni, quattro figli, condannata a morte da una sclerosi laterale amiotrofi.ca (la terribile Sla) sapeva che la parola miracolo era uscita dal suo dizionario esistenziale e che, qualunque terapia i medici avessero attuato, avrebbe avuto solo lo scopo di prolungare un calvario impropriamente chiamato vita: così, quando le hanno proposto di sottoporsi a tracheotomia, che avrebbe consentito di collegarla al polmone artificiale, ha rifiutato e un giudice, per la prima volta in Italia e sulla base di una legge ai più sconosciuta, ha cementato il suo rifiuto con tanto di decreto.
Vincenza ora è morta, si è spenta nel pieno rispetto delle sue volontà, ma da oggi, grazie al suo caso, i tanti Welby d’Italia hanno uno strumento per tutelare le proprie volontà di malati di fronte al rischio dell`accanimento terapeutico. Si chiama legge Cendon, è in Gazzetta ufficiale dal 19 gennaio 2004 ed è nata a tutela dei malati di mente dopo la chiusura dei manicomi (Paolo Cendon, professore di diritto privato a Trieste, era un amico di Basaglia).
Prevede, per i malati di mente così come per chi è temporaneamente incapace o sa di divenirlo, la figura dell’amministratore di sostegno: un fiduciario che, sulla base di un decreto dei giudice tutelare, può agire in nome e per conto del malato. Una norma che, di fatto, assolve alle stesse funzioni del testamento biologico. Con la decisiva differenza che questa legge è già pronta e, come dimostra il caso della signora Vincenza, può essere applicata tempestivamente. Mentre del testamento biologico si parla, e basta, da anni.
E’ successo a Modena. E non è detto che sarebbe capitato ovunque. Se il caso di Vincenza Santoro Galani apre nuovi fronti in quel triangolo eticamente sensibile di vita-morte-sofferenza, lo si deve anche al mix di efficienza e competenza di tre persone: il giudice tutelare di Modena, Guido Stanzani, l`avvocato della famiglia Galani, Maria Grazia Scacchetti, e la responsabile dell’Ufficio tutele dell’Asl modenese, Cinzia Zanoli. Succede tutto tra il 9 e il 13 maggio scorsi. La Zanoli viene a sapere che all’ospedale Sant`Agostino c`è una donna, condannata dalla Sla, che non intende sottoporsi a tracheotomia: lo ha ripetutamente detto al marito Benito, ai figli. Decide allora di segnalare il caso al giudice tutelare, Guido Stamani, da sempre sensibile all’argomento. «Sapevamo dell’esistenza della legge Cendon – racconta l’avvocato della famiglia Galani, Maria Grazia Scacchetti – ma fino ad oggi non c’era mai stata occasione di applicarla». Il giudice non perde tempo: si precipita in ospedale, parla con la signora (ancora in grado di intendere e volere), quindi emana un decreto nel quale nomina il marito Benito amministratore di sostegno, «autorizzato a compiere – è scritto – in nome e per conto della beneficiaria le seguenti operazioni: negazioni di consenso ai sanitari a praticare ventilazione forzata e tracheotomia».
II giudice, nell’invitare i medici a somministrare alla donna le «cure.palliative più efficaci», puntualizza anche: «Nessuno dei casi all’esame oggi è riferibile alla fattispecie dell’eutanasia». Ma è comunque polemica. Il cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della salute del Vaticano, parla di «omicidio, non importa l’apparenza legale», mentre per il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, «è solo l’applicazione del diritto a rifiutare le cure».