Tanti trial, con risultati contrastanti.

Corriere della Sera

Mentre in Italia gli studi sulla CCSVI (l’insufficienza cronica venosa cerebrospinale) hanno trovato difficoltà e resistenze, all’estero un numero sempre più nutrito di neurologi studia il circolo venoso cerebrale dei malati. I dati iniziano ad accumularsi e, secondo una recente revisione (canadese) di tutte le ricerche che hanno indagato la correlazione CCSVI-sclerosi multipla, i risultati sono ancora troppo eterogenei per poter formulare un «verdetto» definitivo, ma la tendenza parrebbe a favore di una maggior probabilità della CCSVI fra i malati. Soprattutto da Canada e Stati Uniti arrivano alcuni studi su efficacia e sicurezza dell’angioplastica: dati incoraggianti, ma da prendere con le pinze, perché si tratta di ricerche non condotte in cieco (escludendo che si sappia se una persona sta ricevendo un trattamento sperimentale o meno), nelle quali perciò il rischio di «pregiudizi» nella valutazione dei risultati incombe. Per questo c’è molta attesa nei confronti di Brave Dreams e delle altre sperimentazioni simili in corso nel mondo. Sono quattro, oltre a quella italiana, a essere state iscritte nei registri di trial clinici internazionali: lo studio PREMiSE dell’Università di Buffalo condotto su 20 pazienti, è concluso e i risultati saranno resi noti a breve; si stanno reclutando pazienti all’Albany Medical College (130 casi), mentre in Australia è stato registrato un trial che coinvolgerà 160 pazienti e presso l’Universita di Stirling in Inghilterra dovrebbe partire una ricerca su 12 casi. Il ministero della Salute canadese, infine, ha approvato il finanziamento per un sesto studio, che dovrebbe essere registrato a breve. Yves Savoie, presidente della Multiple Sclerosis Society canadese, osserva: «La nostra Società ha approvato sette studi di valutazione della correlazione CCSVI-sclerosi multipla, finanziandoli con 2,4 milioni di dollari assieme alla National MS Society statunitense; lo scorso settembre il governo canadese ha annunciato l’avvio di una sperimentazione dell’angioplastica che, con un finanziamento di circa 6 milioni di dollari, dovrebbe aiutare a dare ai pazienti le certezze che meritano di ottenere». Anche perché non sono mancati i passi falsi: lo scorso ottobre, Michael Dake, chirurgo cardiovascolare di Stanford, è stato citato in giudizio da due pazienti che lo accusano di averli operati al di fuori di sperimentazioni cliniche approvate da Comitati etici. In entrambi i malati Dake (contravvenendo alle indicazioni di Zamboni) aveva inserito stent da arterie per tenere aperte le vene: in un caso lo stent è migrato nel cuore richiedendo un’intervento in urgenza per rimuoverlo, nell’altro ha concorso a provocare la morte del paziente per emorragia cerebrale. E a Stanford, dopo queste complicazioni, le sperimentazioni sono state sospese. Episodi, questi, che alimentano la diffidenza dei «contrari», numerosi anche all’estero. Ralf Gold, direttore della Clinica neurologica dell’Università tedesca di Bochum e coordinatore del gruppo di studio sulle malattie demielinizzanti dell’European Federation of Neurological Societies, è netto: «Molti studi hanno negato la correlazione CCSVI-sclerosi multipla, anche con la malattia nelle sue prime fasi: se la CCSVI fosse fra le cause della sclerosi, sarebbe presente in questi soggetti. Capisco le emozioni dei pazienti e credo che gli studi proseguiranno, finché i ricercatori troveranno finanziamenti per proseguire. Ma i dati negativi dello studio CoSMo (lo studio finanziato dall’Aism, ultimato a settembre 2012, ndr) paiono inequivocabili». Per Soelberg Sorensen, direttore del Danish Multiple Sclerosis Research Center di Copenaghen e firmatario nello scorso ottobre di un documento ufficiale ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis) nel quale si rifiuta ogni associazione fra CCSVI e sclerosi multipla, aggiunge: «Quando gli studi condotti in Danimarca hanno escluso la correlazione e sono emersi i primi effetti collaterali delle procedure eseguite all’estero, l’Associazione Sclerosi Multipla danese ha bloccato tutti i fondi per ricerche sul tema: non riteniamo etico operare i pazienti per la CCSVI, che crediamo non esista. E siamo in linea con le raccomandazioni della Food and Drug Administration». L’ente americano, il io maggio scorso, ha sottolineato che, in assenza di certezze e dati sufficienti su sicurezza ed efficacia della PTA (l’angioplastica proposta da Zamboni), i pazienti non dovrebbero essere sottoposti alla procedura se non nelle sperimentazioni approvate dai Comitati etici. L’FDA ha specificato che al momento l’angioplastica venosa su giugulari e azygos (tanto più se con stent) deve essere considerata un trattamento «off-label» (al di fuori delle indicazioni d’uso dei dispositivi), e che i pazienti che vogliano operarsi non devono interrompere le altre terapie per la sclerosi multipla. Precauzioni condivise dalla Multiple Sclerosis International Federa-tion, che ha ribadito la necessità di ulteriori studi e ha evidenziato come la PTA non sia esente da rischi.