“Suicidio assistito e diritto alla vita”: se ne parla anche in Argentina

Grazie all’impegno di Marco Cappato, Tesoriere di ALC, e alla sua disobbedienza civile sul fine vita con cui ha accompagnato alcune persone in Svizzera, dove queste hanno ottenuto il suicidio assistito, oggi le campagne dell’associazione sono note anche oltreoceano. Il quotidiano argentino Clarín, infatti, ha dedicato a Cappato un articolo dal titolo: “Suicidio asistido y derecho a la vida: una historia de dignidades y desobediencias“, di cui riportiamo di seguito la traduzione.

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“La mia unica paura è non riuscire a morire”

Questa l’ultima frase del Dj italiano Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, il 27 febbraio 2017, detta all’infermiera della clinica svizzera dove è stato portato, per sua volontà, per liberarsi dalla gabbia di sofferenza che era divenuta il suo corpo dopo un incidente subito nel 2014.

Dj Fabo
Cieco e tetraplegico, la sorte è stata crudele con lui fino all’esasperazione: l’incidente aveva ridotto il suo corpo ad un ammasso di spoglie conservandogli però, fino alla fine, una lucidità triste e solitaria.

Dal momento del risveglio in quelle condizioni, Fabo ha tentato ogni tipo di terapia che gli è stata proposta finchè, infine, si è dato per vinto e ha deciso che, dal momento che in Italia l’eutanasia è proibita, avrebbe trovato comunque il modo di realizzare il suo desiderio, sicuramente il più coraggioso in 40 anni di vita: morire.

Nei mesi precedenti il febbraio del 2017, Fabo si è messo quindi in contatto con Marco Cappato, dirigente del Partito Radicale Italiano e membro attivo dell’Associazione Luca Coscioni, una ONG che da anni lotta affinchè anche l’Italia si doti, finalmente, di una legge sul fine vita.

Come già fatto in passato per altri casi, Cappato ha accolto la richiesta di Fabo: lo ha caricato in sedia a rotella nella sua macchina grigio metallizzato e ha guidato per cinque ore, da Milano alla clinica Dignitas in Svizzera. Cinque ore di silenzio in un viaggio verso la fine di ciò che Fabo chiamava “la notte senza fine”: ciò che erano diventati i suoi giorni.

cappato-in-svizzera

In Svizzera l’eutanasia non è consentita come lo è in Olanda, in Belgio e in alcuni stati degli Stati Uniti. Però, grazie ad un vuoto legislativo, se qualcuno decide di morire nel pieno delle sue facoltà mentali auto-somministrandosi una dose letale di farmaco, non è prevista alcuna pena. Ci sono cliniche, come la Dignitas, che si specializzano nel suicidio assistito. Sottopongono i candidati che fanno richiesta di accesso al percorso per porre fine alla loro vita ad una valutazione fisica e psicologica completa, prima di accettare di aiutarli a morire.

Mi chiamo Fabiano Antoniani“, ha dovuto ripetere più volte Fabo davanti all’infermiera, come parte del protocollo, affinchè lei gli permettesse di mordere il pulsante con cui si attivava la somministrazione endovenosa di 15 grammi di pentobarbital di sodio che lo avrebbero addormentato per sempre. Erano le 11:40 della mattina del 27 febbraio. L’infermiera, ormai avvezza a questi momenti, non è riuscita a trattenere le lacrime nemmeno questa volta.

Il giorno seguente Cappato si è autodenunciato ai carabinieri di Milano per disobbedienza civile. “Mi assumo tutte le responsabilità“, ha detto.

Da allora si è aperta un’indagine a suo carico con l’accusa di aver collaborato al suicidio di Fabo, azione considerata reato secondo il codice penale italiano: la pena va dai 5 ai 12 anni di carcere per chiunque aiuti qualcun altro a morire.

Un fallimento per tutta la società“, lo ha definito la Santa Sede. “Questo tristissimo episodio ci deve far riflettere. Comprendo chi dice “non ce la faccio più”. Però non mi sembra dignitosa una società che non riesce ad essere vicino e ad aiutare e non riesce a capire che l’altro è importante, ma anzi lo fa sentire inutile“, ha detto il Presidente dell’Accademia Pontificia per la vita, arciverscovo Vincenzo Paglia.

Continuerò questa battaglia per la vita, per i diritti dei malati e per i disabili e, per tanto, per il rispetto della decisione di interrompere sofferenze insopportabili

Questo mi ha detto Cappato alcuni giorni prima che la Giustizia Italiana decidesse di non incarcerarlo perchè, secondo i giudici, il suicidio assistito non viola il diritto alla vita quando questa diventa intollerabile e indegna per una persona malata.

Non può succedere che, se uno ha diecimila euro e le condizioni per essere trasportato allora può andare in Svizzera, e se invece è bloccato in un letto o non ha il denaro necessario deve attraverso innumerevoli difficoltà provocandosi il suicidio in condizioni terribili o patire torture continue indesiderate. Che lo Stato italiano si assuma la responsabilità. Se i malati terminali potessero scendere in strada, avremmo una legge sull’eutanasia. Il fatto è che il problema non si ‘percepisce’ perchè non si vede“, dice Cappato oggi.

Il suo gesto ha senz’altro contribuito ad animare la società italiana suscitando una polemica riguardo l’eutanasia e il testamento biologico, che è la possibilità di lasciare per iscritto le proprie volontà relativamente alla sospensione dei trattamenti medici.

Al momento c’è un progetto di legge che è appena stato approvato alla Camera dei Deputati: 326 voti a favore, 37 contrari e 4 astenuti.

La legge del testamento biologico dice che se chiedo di sospendere una terapia il medico deve dare seguito alla mia volontà. Posso lasciare questa volontà per iscritto e, nel caso in cui mi sopraggiunga qualche tipo di malattia o incidente che mi ponga in condizioni di incapacità di intendere e di volere, posso confidare nel fatto che la mia volontà venga resa effettiva anche da un fiduciario“, spiega Cappato. Negli ultimi mesi, l’associazione di cui è tesoriere si è mobilitata in numerose città italiane per sollecitare l’approvazione della legge da parte del senato. 15mila persone, la maggior parte delle quali tra i 46 e i 55 anni, hanno sottoscritto un testamento biologico.

E mentre le ceneri di Fabo volavano verso l’India, dove il Dj aveva chiesto che fossero sparse, e il processo a Cappato per averlo aiutato a morire, che stava sul punto di essere archiviato, non è stato più, l’esponente radicale ha continuato a sfidare lo Stato italiano: insieme a Mina Welby, vedova di Piergiorgio – uno dei malati terminali pionieri della morte degna in una Italia senza eutanasia – ha accompagnato in Svizzera Davide Trentini, un barman di 53 anni malato di sclerosi multipla.

Mina Welby in Svizzera con Davide Trentin per l'aiuto al suicidio assistito. Disobbedienza civile soseutanasia, 13 aprile 2017
Mina Welby in Svizzera con Davide Trentin per l’aiuto al suicidio assistito. Disobbedienza civile soseutanasia, 13 aprile 2017

La fine la immagino serena, molto dolce. Per me il viaggio sarà una liberazione. Como un sogno, come una vacanza. Mi daranno un liquido che berrò. L’unica cosa che mi fa sorridere, ora, è pensare a questo ultimo viaggio“, così si è congedato Trentini.

Ciao Davide. E’ stato un dovere aiutarti“, ha twittato Cappato quando il barman ha smesso di soffrire.