Staminali salva-embrione, scienziati divisi

Vescovi: il problema etico non è risolto, Hurlbut: ma è una svolta promettente.

Procurarsi cellule staminali embrionali senza distruggere il frutto del concepimento. La grande scommessa della medicina rigenerativa. Vincerla significherebbe aggirare le barriere etiche e politiche che si frappongono all’uso degli embrioni. Finora tutte le strade indicate non hanno convinto. E non dissipano tutti i dubbi neppure le ultime due soluzioni proposte sulla rivista Nature da altrettanti gruppi di ricercatori americani. Nuovi metodi per produrre staminali totipotenti (quindi in grado di generare ogni tipo di tessuto) sperimentati sul topo e quindi ancora lontani, lontanissimi, da eventuali verifiche sull’uomo. Ma che già dividono scienziati e bioetici, in Usa e in un’Italia dove questi tentativi sono un tabù.

Per Angelo Vescovi, staminalista dell’università Bicocca, ricercatore del San Raffaele «è difficile concludere che le due nuove tecniche risolvano il problema etico. Non possiamo essere certi che l’embrione non subirà danni, serve un lungo lavoro di analisi certosina sull’animale, specie sulla scimmia». Dubbi profondi, in particolare, sull’innovazione dell’americano Jaenisch: «Viene creato un embrione destinato a morte certa. Il fatto che sia geneticamente programmato a morire non fornisce una giustificazione eticamente e moralmente accettabile. Si parte dal presupposto che la vita comincia solo dopo l’attecchimento in utero anzichè dalla fecondazione». Elena Cattaneo, università di Milano, laica, 4 sì al referendum sulla fecondazione artificiale, la mette su un piano diverso. Giudica ambedue i procedimenti molto interessanti dal punto di vista tecnico e capaci di porsi come soluzione dei problemi etici. Ma obietta: «Anziché aggirare gli ostacoli sarei per affrontarli di petto. Perchè non estrarre cellule staminali direttamente dagli embrioni congelati che non vengono usati per la fecondazione artificiale. Risolviamo la questione all’origine, senza finzioni»Dall’istituto Besta Eugenio Parati è fiducioso: «sarebbe una soluzione etica quella che prevede il prelievo di una cellula dalla blastocisti, ma va dimostrato che l’embrione resta integro e sull’uomo non sarà facile». William B. Hurlbut, uno dei saggi del Comitato etico di Bush alla Casa Bianca, loda i procedimenti: «Dimostrano che si potrebbero ottenere staminali da entità che non sono naturali, normali embrioni. E’ solo l’inizio, lasciamo che il dialogo continui».

La prima ricerca porta la firma di Robert Lanza, dell’Advanced Cell Technology: sono riusciti a prelevare una sola cellula dall’embrione di topo in stadio precoce (blastocisti, che poi una volta impiantato ha proseguito lo sviluppo) per ricavarne in coltura linee di staminali.

Ed ecco la seconda alternativa, sostenuta da Alexander Meissner e Rudolph Jaenisch, del Massachusetts Institute of Technology. Prima della fecondazione hanno rimosso dai gameti dei piccoli roditori (spermatozoo e ovocita) un gene necessario affinché l’embrione attecchisca nell’utero materno. In altre parole hanno creato una struttura cellulare senza futuro tranne quello del laboratorio. Le due sperimentazioni cercano di dare una risposta pratica al parere del comitato etico della Casa Bianca che mesi fa aveva elencato in un documento sei procedimenti per ovviare al problema etico e politico sull’uso delle staminali embrionali.