Staminali: così abbiamo smascherato i ladri di speranza

Gianluca Ferraris, Ilaria Molinari, Karen Rubin

Ci hanno promesso che si sarebbero presi cura di nostro cugino Andrea, malato di distrofia muscolare e condannato alla sedia a rotelle. Che nostra sorella Ilenia sarebbe guarita dalla depressione. Che zio Claudio, 72enne affetto da Alzheimer, avrebbe ricominciato a spegnere il gas e a chiudere la porta di casa. Sarebbe bastato portarli in Ucraina, Svizzera, Thailandia o Cina e sottoporli a qualche iniezione di cellule staminali. Prelevate da cordoni ombelicali, midollo osseo di adulti, feti umani o persino da montoni e agnelli. E staccando assegni che oscillano da 7.500 a 36 mila euro. Somme importanti, certo, ma non eccessive per chi, come chi scrive, pagherebbe qualsiasi cifra pur di vedere i suoi cari tornare a camminare, sorridere o pensare lucidamente. Per fortuna Andrea, Ilenia e zio Claudio non esistono. Esistono, invece, le “cliniche della speranza” che con l’aiuto delle staminali promettono di sconfiggere dall’epilessia alla calvizie, dal Parkinson allo stress, dalla sclerosi multipla all’impotenza sessuale. Poco importa che i successi di queste cellule, in campo clinico, non siano ancora dimostrati. “Perché intorno a quelle che per ora sono solo ipotesi già prospera un mercato ricchissimo per pazienti disperati” avverte George Daley, presidente dell’International stemcell society, la società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali. Come è accaduto alla Stamina Foundation di Torino, dove Davide Vannoni, professore di psicologia, vendeva per 50 mila euro cure di questo tipo in Italia e all’estero. Oggi è nel mirino del pm torinese Raffaele Guariniello, che ha chiesto l’iscrizione al registro degli indagati per Vannoni e altre otto persone con l’accusa di associazione a delinquere per violazione delle regole sulla sperimentazione clinica. Panorama ha cercato di capire chi sono e come operano questi mercanti della speranza, restando in contatto con loro per oltre due mesi. Punto di partenza sono state le linee guida elaborate nel 2008 dalla stessa International stemcell society per mettere in guardia i pazienti, e la lista nera stilata a ottobre del 2009 dall’Università statunitense di Stanford. Che ha messo all’indice 31 strutture, dal Brasile alla Russia, passando per Messico e Filippine, accusate di offrire terapie a base di cellule staminali senza supporto scientifico (qui l’elenco). Punto di arrivo è stata la scoperta di promesse di cura in molti casi vicine al raggiro, in altri più simili a mezze verità, in altri ancora ai limiti dell’inverosimile. È così che i drammi di Andrea, Ilenia e Claudio, con profili clinici fasulli ma confezionati allo scopo da veri medici, sono stati sottoposti a quattro di queste strutture. Tutte hanno promesso che si sarebbero dedicate con cura ai “parenti” sofferenti. Bastava pagare.  

 
Destinazione Montreux, Svizzera. Con una telecamera nascosta nella borsa, siamo diretti all’Health center clinique Lémana. Sul sito si magnifica la terapia Cellvital: iniezioni di cellule staminali fetali animali, in grado, dicono, di curare dal calo di energie alla depressione, dall’abbassamento delle difese immunitarie all’artrosi, fino all’impotenza maschile. Dopo i 35 anni la terapia si dimostra anche un ottimo anti age, meglio se ripetuta periodicamente. “È al di fuori di ogni logica scientifica” commenta esterrefatto Giuliano Grazzini, direttore generale del Centro nazionale sangue. “Iniettare cellule di un’altra specie nell’uomo non ha alcuna base scientifica e può comportare il rischio di reazioni immunologiche, di intolleranza da tossicità. È un’ipotesi delirante”. Via email chiediamo aiuto per la nostra immaginaria sorella Ilenia, 30 anni. Abbandonata dal suo fidanzato dopo dieci anni, è ostaggio di una brutta forma depressiva con tendenze suicide. Dorme solo con massicce dosi di Lexotan. È in cura da uno psichiatra, non migliora. La mano tesa di Lémana arriva in due giorni. Ci viene chiesto di compilare un modulo, dove ancora prima di specificare i dati clinici di Ilenia dobbiamo scegliere il suo “programma di rivitalizzazione“: tre o cinque giorni. L’opuscolo specifica che la terapia è identica, ma la seconda opzione le consentirebbe di smaltire meglio il fuso orario (dall’Italia?) dedicandosi a “scoprire la magnifica riviera valdese”. Per l’alloggio, si va dalla camera singola alla doppia (con o senza vista lago), per finire con la suite. Optiamo per la doppia vista lago, così magari Ilenia si deprime meno. Ci viene chiesto anche se gradiamo una stanza per fumatori (in una clinica?) e se avremo bisogno di una limousine, ma decliniamo le offerte. Nessun problema per il pagamento: si accettano contanti, bonifici e carte di credito. Con un acconto di 2 mila euro. Giriamo pagina. Un questionario si informa su sintomi fisici e psicologici, vaccinazioni, malattie, eventuali trattamenti cellulari già subiti da Ilenia. Compiliamo e spediamo tutto via email. Il giorno dopo veniamo ricontattati. Al telefono l’unica dottoressa della clinica non parla italiano. Ma quel che dice in francese basta a rassicurarci: “Non posso garantirvi che Ilenia guarirà completamente, ma parallelamente alle altre cure la terapia cellulare può aiutare a diluire e forse azzerare il trattamento medico“. Ottimo. Fissiamo un appuntamento. “Siamo al Royal Plaza di Montreux, quarto piano”. Proprio così: un hotel. Nella hall, specchi e stucchi. La sede della clinica è la stanza 411. Moquette profumata color cipria, ambiente rilassante. Sulla sinistra un lettino e una lampada per la pulizia del viso. Sembra più un centro estetico che un’oasi di speranza per depressi cronici. Dopo essersi informata sulle condizioni di Ilenia, la dottoressa arriva al dunque: “Noi iniettiamo cellule provenienti da feti di origine animale, trattate in laboratorio” spiega. “Proteine ricche di oligominerali e vitamine“. Rabbrividiamo e chiediamo quali sono gli animali utilizzati. “Montone e agnello“. Pare siano i meglio compatibili. Superato il ribrezzo iniziale, il resto è facile. Si tratterà solo di rimanere in clinica, o meglio in hotel, il tempo necessario a ricevere quattro iniezioni intramuscolari di cellule e riposare. Secondo la dottoressa, le nuove cellule riattivano l’organismo, stimolando corpo e spirito. “Ma perché funzioni è importante che la paziente sia ricettiva, desideri il beneficio della terapia”. Insomma, se nostra sorella non si risolleverà sarà perché non era abbastanza convinta. Ci informiamo sui costi. Una telefonata e arriva Laurent: completo blu, voce squillante, apre un volantino con i prezzi. Forfait di tre giorni: 6.550 euro a persona. Se sono cinque, si sale a 7.550. A parte c’è il soggiorno: la camera doppia vista lago costa 310 euro al giorno. Per la pensione completa bisogna aggiungere 95 euro. Totale: 7.765 euro per tre giorni, 9.575 per cinque. Niente male per un po’ di cellule di montone e agnello in giro per il corpo.
 
XCELL- GERMANIA  Cambiamo direzione e decidiamo di mettere il naso nell’unica clinica bocciata da Stanford che ha sede in un paese dell’Unione Europea: Xcell, Germania. Il sito italiano di questa clinica (privata) con sedi a Colonia e a Düsseldorf parla di scientificità e serietà. “Dal 2007″ si legge sulla home page “più di 1.600 pazienti affetti dalle patologie più diverse si sono sottoposti alla nostra sicura terapia”. Peccato che dei risultati non ci sia traccia su alcuna rivista scientifica. Fra le malattie curate compaiono anche quelle neurodegenerative. Ci basta recuperare i dati fasulli di zio Claudio, 72 anni, farlo ammalare di Parkinson e compilare un modulo online per ricevere via email una risposta in meno di 24 ore. La dottoressa Dominique Hossner nel suo italiano maccheronico spiega che la struttura tedesca adotta “standard clinici e di laboratorio regolamentati dalla legge tedesca in materia di interventi medici”. Precisa che con le staminali adulte autologhe “non c’è rigetto o contaminazione con virus estranei”. E meno male. Poi ci invita a ricontattarla per una visita gratuita, dopo si deciderà il resto del percorso. Questa volta non richiameremo: abbiamo già capito di essere entrati in un tunnel di superficialità e approssimazione. Perché basta un’altra rapida ricerca su internet per scoprire che il testo della email è identico a quello spedito negli ultimi due anni a decine di altri potenziali pazienti. Nonostante questo, la vicinanza e i costi di trattamento ridotti rispetto a quelli proposti da altre strutture (da 7.500 a 26.500 euro) hanno reso la Xcell una delle mete preferite dei pazienti europei, italiani compresi. In agosto, dopo un servizio della tv pubblica tedesca Zdf che segnalava come questi viaggi della speranza si fossero rivelati nella maggior parte dei casi semplici palliativi, la Società tedesca di neurologia aveva preso le distanze dalla Xcell, obbligandola a rimuovere dal sito web informazioni inesatte e chiedendo al ministero della Sanità di vigilare. “Manca qualsiasi prova sull’efficacia di questo tipo di trapianto e purtroppo per effettuare questi trattamenti non serve alcuna autorizzazione” spiega Reinhard Prior, docente di neurologia all’Università di Düsseldorf ed esperto mondiale di patologie neurodegenerative. In effetti i dettagli della cura per zio Claudio forniti dalla dottoressa Hossner lasciano più di un dubbio: “Si prelevano le staminali dal midollo osseo del paziente”. Una volta trapiantate, “sono in grado di trasformarsi e rigenerare il tessuto danneggiato. Un innovativo trattamento staminale sfrutta il potenziale di autoguarigione dell’organismo”. Sembra miracoloso, ma non lo è. “Le malattie come Alzheimer e Parkinson attaccano il sistema nervoso” ribatte Angelo Vescovi, professore di biologia cellulare all’Università di Milano-Bicocca. “Sostenere che staminali impiantate nel midollo osseo possano arrivare nella sede lesionata e ripararla mi pare fantascienza“. E aggiunge: “In futuro una terapia staminale forse potrà interrompere il processo degenerativo. Però difficilmente sarà possibile ripristinare un tessuto nervoso ormai morto“. A dargli ragione c’è la testimonianza, raccolta da Panorama, di Salvatore T., un italiano affetto da atassia cerebellare, malattia che colpisce il cervelletto rendendo difficili coordinazione motoria, andatura e linguaggio. A tutt’oggi non esiste una cura. Ma quando lo scorso settembre Salvatore si rivolge alla Xcell, il suo caso viene accettato. “I medici tedeschi sostenevano che il 60 per cento dei pazienti come me fosse migliorato” racconta. “Al termine del trattamento mi dissero che le mie cellule erano migliorate qualitativamente. A quel punto le mie aspettative erano alle stelle”. Quattro mesi dopo, la frustrazione: dalla presunta cura Salvatore non ha ottenuto benefici. E anche se dichiara di avere ancora voglia di lottare, è chiaro come simili botte possano colpire l’equilibrio già fragile di un malato. 
 
BEIKE- SVIZZERA  Torniamo in Svizzera, questa volta a Lugano. Una palazzina di uffici a pochi passi dal casinò ospita la sede europea della Beike, colosso cinese della ricerca medica che dal 2006 offre anche ai pazienti europei terapie a base di cellule staminali presso le sue cliniche di Shenzen in Cina e Bangkok in Thailandia. Per ora i ricercatori di Stanford hanno bollato il lavoro della Beike come “unproven”, non dimostrato. Eppure, la società in Europa riceve ogni mese 200 richieste di intervento per curare dalla sclerosi laterale amiotrofica (Sla) alla distrofia muscolare, fino a neurodegenerazioni come Alzheimer e Parkinson. Così, per vederci più chiaro, abbiamo aggiunto all’elenco l’Alzheimer di zio Claudio e la distrofia muscolare del cugino Andrea. A contattarci sono il vicepresidente della Beike Europe Andrea Mazzoleni, testimonial della società, e Gianni Demarin, responsabile della comunicazione. I due lavorano insieme da tre anni. Demarin ha un passato da dj e rappresentante di abbigliamento. Mazzoleni, 56 anni, ha in curriculum iniziative imprenditoriali, una candidatura alla Camera nel 2006 per la circoscrizione Esteri con il Partito italiani nel mondo e un incidente giudiziario: alla fine del 2007 la clinica Gulliver di Lugano, di cui era direttore amministrativo, è stata accusata dalla magistratura elvetica di truffa ai danni delle casse malati per trattamenti in day hospital dai rimborsi gonfiati. Per Mazzoleni, rimasto in carcere 25 giorni, l’inchiesta penale si è conclusa con “non luogo a procedere”. Ma gli è stata revocata la licenza da infermiere e la Gulliver è stata chiusa. Fissiamo un appuntamento con lui per approfondire le cure per nostro zio. L’ambiente è asettico: in giro nulla fa pensare a siringhe e provette. Il vicepresidente chiarisce subito: “Noi mettiamo solo in contatto i clienti con la struttura. Analisi, screening e operazioni dipendono dai cinesi. E non sapete quanto siano diventati pignoli“. In effetti la Beike sostiene di bocciare il 60 per cento dei candidati alle sue cure. Ma evidentemente zio Claudio rientra fra coloro che possono migliorare: se fosse così, si tratterebbe di un caso unico nella storia medica, visto che i decorsi, per un Alzheimer che galoppa da quattro anni, sono giudicati irreversibili dalla comunità scientifica. “I miracoli non li fanno nemmeno le cellule staminali, altrimenti avremmo già preso 24 premi Nobel” ridacchia Mazzoleni, mentre una segretaria versa panna montata nel suo caffè e lui si accende una sigaretta. “Quelle che usiamo noi comunque sono assolutamente sicure. Con le nostre cure per settimane le persone sono riuscite a fare una vita normale”. Difficile crederci, se si sentono gli esperti: “Le terapie proposte dalla Beike si basano sull’iniezione di cellule estratte dal sangue dei cordoni ombelicali” spiega Giulio Cossu, professore di istologia alla Statale di Milano e membro del comitato clinico della International society for the stemcell research, che ha elaborato le linee guida della sperimentazione sulle staminali in Europa. “Ma le cellule cordonali non sono in grado di riprodurre neuroni e non possono avere effetti su pazienti afflitti da Parkinson o Alzheimer”. Da finti profani giriamo lo stesso interrogativo a Mazzoleni. Che corregge parzialmente il tiro: “Abbiamo trattato oltre 6 mila casi di questo tipo. Non abbiamo mai riscontrato peggioramenti né effetti collaterali”. Sì, ma i miglioramenti? “Beh, nel più sfortunato dei casi si mantiene la situazione attuale, ma con il vantaggio di avere più forza fisica, perché le cellule rigenerano l’organismo”. L’elenco dei presunti successi non si ferma qui: “Abbiamo malati di sclerosi multipla che hanno visto sparire le placche e che a tre ore dalla prima iniezione muovevano le braccia. Il miglioramento di base non sarà sicuro ma è quasi scontato”. Chiediamo allora perché i loro risultati non vengano mai citati positivamente dagli organismi internazionali o da una qualsiasi rivista medica e ci viene risposto che in realtà “ricerche ne abbiamo a quintali, ma tutte in cinese. Lì la legislazione non si pone tanti problemi, né etici né, diciamo, di agenzie che autorizzano”. E questo secondo lui dovrebbe tranquillizzarci. Sulla sclerosi multipla, addirittura, “abbiamo due o tre casi in cui potremmo parlare di guarigione”. Certo, aggiunge, si trattava di giovani, motivati e “con la giusta disponibilità economica”. Ovvero 32 mila euro. Quelli che chiederà a noi per un soggiorno di 28 giorni, volo escluso, nel B. Care medical center di Bangkok. Ci verrà data una camera con un letto per lo zio e uno “pieghevole” per l’accompagnatore, pasti solo per il paziente (ma, dice la brochure, c’è McDonald’s a due passi), tre bottiglie d’acqua e un asciugamano. Del resto ci invitano a considerare la nostra “non come una classica degenza in ospedale” ma come “un soggiorno a fini curativi in un miniappartamento collegato a un ospedale”. Il trattamento, sei iniezioni intravenose spinali, sarà effettuato in camera. Poi bisognerà riposare. Nella brochure sono indicate le attrattive turistiche: bazar, teatri, musei. Anche se probabilmente non avremo tempo: “La figura dell’aiuto infermiera in Thailandia non esiste” spiegano, e questo lavoro “ricade sui familiari del paziente”. E poi si spera che qualcuno di noi parli inglese per scambiare due parole con le “poche persone” dello staff ospedaliero che lo parlano. Ma, in caso contrario, tranquilli: la signora Charee Sripaisalmongkol è a disposizione per traduzioni. Tariffe da stabilire sul posto. Ovviamente le spese saranno difficilmente rimborsabili dalla asl. “Presentate comunque la domanda” consiglia Mazzoleni. “Vi risponderanno di no, ma se fate un ricorso formale noi vi forniamo dei documenti producibili… L’ideale è far fare tutto da un avvocato. Noi ne abbiamo uno a Como, molto bravo”. Il trucco, in questo caso, è avere “un medico amico che scriva che vostro zio potrebbe trarre giovamento da un trattamento con cellule staminali praticabile all’estero”. La verità è che quei benefici arrivano raramente: per scoprirlo basta non accontentarsi delle struggenti testimonianze dei pazienti guariti (spesso anonimi) che la Beike Europe fa girare su siti web e tv satellitari, ma ascoltare le testimonianze di chi è tornato senza alcun miglioramento percepito. I delusi si incontrano su Facebook, lo scorso aprile sono stati alla trasmissione Mi manda Rai3 e in Italia sei di loro hanno presentato denuncia contro la Beike Europe. Anche a Lugano, secondo quanto risulta a Panorama, la polizia cantonale ha in corso un’indagine, di tipo patrimoniale, sulla struttura. “Abbiamo nemici perché siamo scomodi ” si lamenta al telefono Demarin, quando risponde alla nostra richiesta di cure per Andrea, il cugino 22enne distrofico. Per lui la Beike si spinge a prenotare le date del soggiorno senza neppure avere ricevuto il nostro via libera. “Stiamo buttando all’aria gli interessi di società farmaceutiche che hanno speculato per 30 anni sui finanziamenti per la ricerca” continua Demarin. “Vogliono screditarci perché scombussoliamo interessi notevoli. Al malato invece non pensa nessuno “. Già. La Beike invece ci pensa. In cambio di 32 mila euro.
 
 EMCELL – UCRAINA  L’ultima tappa ci spinge a puntare sull’Europa dell’Est: la clinica Emcell di Kiev, in Ucraina. Qui vendono cure per sclerosi, disfunzioni sessuali e complicanze dovute all’aids. Con staminali di feti abortiti. Fondata una decina di anni fa dal dottor Alexander Smikodub, sulla pagina in italiano del sito web si legge: “A oggi abbiamo effettuato quasi 3 mila trapianti. Per molte patologie la qualità del nostro trattamento è stata provata come statisticamente superiore a quella di molte altre terapie con strumenti classici”. E ancora: “In molte malattie inguaribili, quando la medicina non ha più nulla da offrire, questo trattamento dà speranze, migliora la qualità della vita e la prolunga”. Peccato che non venga fornita alcuna evidenza scientifica. “Sempre che la terapia esista davvero” dice Filippo Buccella, presidente della onlus Parent Project, nata per promuovere la ricerca sulla sindrome di Duchenne, una forma di distrofia che Smikodub afferma di curare dal 2005. “Da anni la Emcell risponde alle richieste internazionali di chiarimento diffondendo sempre le stesse quattro o cinque testimonianze video di pazienti che dicono di sentirsi meglio”. Compiliamo due moduli online: uno per Andrea, 22 anni, con distrofia di Becker, e l’altro per zio Claudio, 72, Alzheimer. Meno di due giorni e veniamo ricontattati da Yuliya Panas, ricercatore senior della Emcell. Le due risposte sono in inglese, molto simili tra loro, e professionali. Si spiega che il centro prima di accettare i parenti avrà bisogno di un quadro più preciso: dati anagrafici, cartelle mediche, farmaci assunti, radiografie. L’approccio serioso svanisce però nel giro di poche righe: “Se non disponete di tutti i dati, mandate quello che avete”. Ad andare più veloce è la pratica di zio Claudio. Spediamo poche informazioni aggiuntive via email e la mattina dopo, senza che sia stato mai visto né visitato, viene accettato per il trattamento. “La terapia cellulare permette l’arresto dei processi degenerativi connessi all’Alzheimer” ci informano. Anche se “è impossibile ripristinare la memoria danneggiata”.  Infine i particolari: “Il trapianto consiste nella somministrazione di staminali che provengono da feti abortiti legalmente e volontariamente”. Peccato che “manchino studi preclinici, un’anagrafe dei pazienti che registri le loro eventuali incompatibilità, un controllo sugli standard di trattamento” dice Buccella. Le uniche immagini disponibili dell’interno della clinica, girate dalla Bbc nel 2005, mostrano una struttura più che fatiscente: i corridoi sono sporchi, le attrezzature sembrano vecchie e logore. Ma siamo così in ansia per zio Claudio che né i dubbi etici né quelli scientifici ci sfiorano: chiediamo alla dottoressa i dettagli. “Il costo delle cure in modalità day hospital è di 8 mila euro. Per vitto e alloggio dovrete provvedere da soli”. Subito dopo sfodera indicazioni che, più che dal giuramento di Ippocrate, sembrano tratte dal manuale del perfetto tour operator: “Il transfer aeroportuale lo offriamo noi. Per il soggiorno a Kiev sono disponibili camere d’albergo o appartamenti che possiamo prenotare. Almeno per tre giorni”. Pacchetto completo, insomma. Con tanto di ricevuta. Stai a vedere che magari stavolta riusciamo anche a farci pagare l’intervento dalla asl. La risposta però ci delude: “L’intervento non è in alcun modo rimborsabile”. Pazienza. Tanto i soldi non li avremmo tirati fuori comunque. 

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