Staminali amniotiche per «riparare» gli occhi e staminali da liquido amniotico: un altro campo in cui sta investendo la ricerca internazionale da quando, nel gennaio 2007, Paolo de Coppi e il team dell’Università di Harvard ne hanno dimostrato l’esistenza. La staminalità fu accertata osservando che, se coltivate in vitro, queste cellule erano capaci di trasformarsi in cellule progenitrici di vari tessuti e, se trapiantate su animali, di esprimere la loro potenzialità riparativa senza causare tumori. Da allora, gli studi si sono moltiplicati e, come sempre in questo settore, il nostro Paese non sta a guardare: un progetto di ricerca è stato appena sottoscritto da Biocell Center di Busto Arsizio, Fondazione Irces Ospedale Maggiore, Polidinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano, e dipartimento di oftalmologia della Harvard Medical School, in merito all’utilizzo di cellule staminali da liquido amniotico per la cura di malattie degenerative della retina. A oggi, infatti, per patologie quali la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare non esistono terapie né farmacologiche né chirurgiche e chi ne è affetto può andare incontro a gravi conseguenze come la perdita della vista. L’accordo di ricerca prevede la messa a punto di un protocollo per il differenziamento di cellule staminali da liquido amniotico in elementi della retina, quali l’epitelio pigmentato retinico e fotorecettori, e la successiva fase di verifica su modelli animali affetti da patologie oculari, della loro attività riparativa. Biocell ha appena festeggiato un primato tutto italiano: nei giorni scorsi la società lombarda ha inaugurato a Boston la prima banca negli Usa in grado di crioconservare cellule da liquido amniotico.
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