Staminali al top

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Sono state protagoniste della ricerca anche quest’anno le cellule del corpo in grado di rimpiazzare quelle distrutte dalle malattie.

Se si pensa a quali campi della ricerca bio-medica abbiano registrato i maggiori progressi nel 2005, un posto d’onore meritano le cellule staminali, e, più in generale, la medicina degenerativa. Quale potenziale si cela dietro queste cellule e questa disciplina? Pensare – analogamente al ricorrere al meccanico per i guasti alla macchina – a fabbricare pezzi di ricambio per il nostro organismo danneggiato o in via di logoramento poteva sembrare fantascienza fino a qualche tempo fa, ora non è più cosi. Già da decine di anni alcuni organi si trapiantano con sempre maggior successo: rene, fegato, cuore e pancreas. Ma la vera rivoluzione è quella di fabbricare parti dell’organismo “ex novo”. Si chiama ingegneria tissutale o medicina ri-generativa.

E’ la disciplina che ci consente di costruire, cellula per cellula, un tessuto o un organo che funzionano male o non funzionano più. La “rigenerazione” si può eseguire in provetta o dall’interno dell’organismo, utilizzando come fabbriche di tessuto cellule somatiche o, ancor meglio, cellule staminali. L’applicazione più storica delle ricostruzioni in laboratorio è quella del trapianto di cute, un salvavita per i grandi ustionati. Nelle fiasche di cultura si preparano veri e propri lembi di pelle coltivando le cellule epiteliali della nostra epidermide (i cheratinociti), con liquidi nutritivi specifici e uno strato di fibroblasti, resi inattivi, come supporto. Pionieri in questo campo in Italia sono stati Ranieri Cancedda (dell’IST e Università di Genova), e Michele De Luca. Quest’ultimo, con Graziella Pellegrini, è ora impegnato a Venezia e all’ Università di Modena, a compiere un miracolo di proporzioni bibliche: ridare la vista ai ciechi, mediante le cellule staminali.

Nell’occhio, e in particolare nella parte cosiddetta limbus” , il tessuto che si trova al confine tra la cornea e la congiuntiva, si trovano delle cellule multipotenti, in grado di rigenerare un tessuto simile a quello della cornea. Decine di pazienti con lesioni corneali, alcuni non vedenti da anni, sono stati guariti da questa tecnologia, in collaborazione anche con altre istituzioni, recuperando la vista dopo il trapianto delle cornee ingegnerizzate. Gli scienziati si sono cimentati nell’ultimo decennio con la ricostruzione dei tessuti e degli organi più disparati. L’uretra, la vescica e alri “pezzi” che possono subire danni, dovuti anche a tumori, possono essere preparati in vitto e introdotti nell’ organismo al quale, piano piano, si adattano e del quale sono in grado di diventare parte integrante. Si lavora anche ai vasi sanguigni, i canali che trasportano nell’organismo la nostra linfa vitale. La difficoltà è trovare una buona cellula “staminale” endoteliale, anche se, almeno a livello diagnostico le CEC (cellule endoteliali circolanti scoperte da Francesco Bertolini allo IEO, sono già ben definite. Grande impegno, perché bersaglio di malattie generiche infantili, come la distrofia. è profuso nello stadio sul muscolo.

Giulio Cossu, e una squadra di ricercatori dell’istituto San Raffaele di Milano e di Roma studiano l’utilizzo di mesoangioblasti, una classe di cellule staminali associate ai vasi, per ricostruire il tessuto che consente i movimenti. Malattie tumorali, come gli osteosarcomi, spesso infantili, possono ledere la nostra struttura ossea. E’ possibile orientare le cellule staminali dell’osso a riformare segmenti anche ampi dello scheletro. Anche su fegato e pancreas si lavora intensamente, in Italia e all’estero . Sì sperimenta poi per sostituire pezzi dell’apparato che pulsa per la nostra vita, il cuore. La neovascolarizzazione del miocardio usando angioblasti del midollo spinale adulto o staminali è una sfida in corso. Infine, la ricerca forse più audace, è quella sul cervello. In questo caso l’ingegneria tissutale sembrava davvero ancora fantasia, fino a tempi recentissimi .

Alla base della ricostruzione dei tessuti c’è sempre la capacità di reperire cellule immature, possibilmente staminali, in grado di riprodursi in grande quantità, non solo, ma di maturare una specificità compatibile con la parte umana che si vuole “sostituire”. Durante il loro percorso vitale le cellule staminali perdono sempre più la loro potenzialità rigenerativa. Partendo dalle embrionali cosiddette “totipotenti” perché possono dar luogo a qualunque tipo cellulare, come d’altronde accade nell’embrione, alle multipotenti si arriva alle staminali nei tessuti adulti, che hanno maggiori difficoltà replicative. Al problema etico dell’utilizzo di embrioni congelati, che tante discussioni ha mosso soprattutto sotto referendum, la scienza ha dato questo autunno una possibile risposta alternativa. Dunque l’officina delle staminali di uso terapeutico sembrerebbe ormai sotto casa.