Stamina, via libera alle cure e ora 18 mesi per decidere se è un altro caso Di Bella

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La Repubblica
Michele Bocci

Ottanta già in terapia ne arriveranno altri 90. Quanti hanno già iniziato le cure agli Spedali civici di Brescia — dove lavora l’équipe di Stamina — sulla base di alcune sentenze, potranno proseguirle. Si tratterebbe di una ottantina di malati, ai quali dovrebbero aggiungersene altri 90 che non hanno mai fatto ricorso al trattamento. I tecnici di Aifa, Istituto superiore di sanità e ministero si sono già incontrati martedì, prima dell’approvazione del decreto, per impostare la sperimentazione, anche iniziando a valutare i casi da arruolare nella ricerca scientifica. Ora aspettano che Vannoni consegni il suo protocollo per andare avanti. Di recente lo stesso Vannoni (ritenuto uno psicologo finché l’ordine ha smentito la sua Iscrizione a quell’albo) ha spiegato di avere 84 pazienti in cura a Brescia e che altri 600 sarebbero pronti a fare ricorso. Ma ad aver contattato Stamina sarebbero state in questi mesi 18 mila famiglie.

Dieci ospedali in lizza per tre milioni di euro. Sono tredici in Italia i laboratori in grado di produrre cellule staminali rispettando le disposizioni sulla ricerca farmaceutica. II ministero dovrà ora indicare quelli che parteciperanno allo studio e anche gli ospedali (un numero compreso tra i cinque e i dieci) dove verrà iniettato ai pazienti il farmaco, oltre alla frequenza delle somministrazioni. Sono stati stanziati tre milioni di euro per la ricerca, che durerà un anno e mezzo a partire dal primo di luglio. Probabilmente verranno riunite la “Fase 1” e la “Fase 2” delle sperimentazioni farmaceutiche, che di solito avvengono in momenti e su pazienti diversi. Si tratta di capire se il nuovo medicinale è sicuro o meno per il malato e se è efficace per curare la patologia che lo ha colpito. Un comitato scientifico nominato dal ministero vigilerà su tutti i passaggi della sperimentazione e sui risultati raggiunti.

 Dal Parkinson alla Sla fino alla sclerosi multipla. E’ uno dei grandi interrogativi di queste ore. Quelli di Stamina hanno parlato di uno spettro amplissimo di patologie curabili con il metodo messo a punto nel loro laboratorio, attirandosi anche per questo le critiche della comunità scientifica.  I tecnici dell’Istituto superiore di sanità sceglieranno probabilmente alcune delle malattie indicate in una comunicazione di Stamina di alcune settimane fa in cui si faceva il punto sui pazienti seguiti. Sono asfissia perinatale, sindrome di Neimann Pick, asfissia cerebrale, sma1 , sma5, sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Parkinson, morbo di Parkinson con atrofia multisistemica, sclerosi multipla. Nel tempo si sono aggiunte altre patologie tra quelle seguite a Brescia, per esempio la leucodistrofia, la malattia neurodegenerativa che ha colpito Sofia, una bambina fiorentina. Non è pensabile che la sperimentazione riguardi tutte queste patologie.

Il sogno di un brevetto oppure il flop definitivo. Se non fossero provati effetti positivi delle staminali mesenchimali sui pazienti, il metodo Stamina verrebbe definitivamente archiviato. E non potrebbe essere più utilizzato nemmeno a Brescia: di fronte ad eventuali ricorsi, i giudici non potrebbero più dare ragione, come in passato, a chi chiede di essere curato. Viceversa, se si registrassero dei miglioramenti nei malati, per Vannoni e Andolina sarebbe un successo. Come avviene per tutte le sperimentazioni dei farmaci andate a buon fine, verrebbe preparato un dossier da presentare all’Aifa, con i risultati delle ricerche. Il metodo sarebbe brevettato, cosa che i suoi inventori hanno già provato a fare negli Usa senza successo (non sarebbero state trovate differenze con altre applicazioni delle staminali mesenchimali). Poi partirebbe la corsa al rialzo delle multinazionali farmaceutiche che investirebbero cifre astronomiche per acquisire il brevetto.