Sperimentazione della Ru486. Interrogate dai pm di Torino le donne che hanno abortito.

di Mario Porqueddu
Capezzone: la si autorizzi in tutta Italia. Dall’inizio della sperimentazione della pillola Ru486, una decina di mesi fa, 362 donne l’hanno usata per interrompere la gravidanza all’ospedale Sant’Anna di Torino seguite dal ginecologo Silvio Viale.

Nelle scorse settimane decine di loro sono state interrogate dalla Procura, che indaga sul rispetto della legge 194 sull’aborto. I pm volevano accertare se sono andate a casa durante il trattamento farmacologico. Si indaga sulle procedure. Le stesse fissate da un’ordinanza dell’ex ministro della Salute Storace, che richiedeva un ricovero di 3 giorni delle pazienti. Viale non nega di aver consentito di lasciare l’ospedale: «Io tutelo le pazienti. Per esigenze personali e cliniche a un certo numero di loro ho dato il permesso di andare a casa fra la prima e la seconda somministrazione (si assumono due pillole ndr). Il tutto nell’ambito di un ricovero ordinario. E anche successo che alcune abbiano “espulso” fuori dall’ospedale».

A Viale, indagato, e alle donne interrogate va la solidarietà «umana e politica» di Daniele Capezzone. «Fa specie che la sperimentazione a Torino sia iniziata con una giunta di centrodestra e un assessore alla Sanità di An e ora, con giunta di centrosinistra e assessore del Prc, si rischi una frenata» dice il segretario radicale. E chiede al governo di «assicurare a tutte le italiane la possibilità di accedere alla Ru486 che il ministro della Salute francese definì “patrimonio morale delle donne». Punti di vista. Due giorni fa il senatore di An Riccardo Pedrizzi l’ha chiamata «pesticida antiumano». Ieri il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volonte, è insorto: «Chiedere di autorizzare l’accesso alla Ru486 infischiandosene di quanto prescrive la legge è ridicolo».

Capezzone pizzica: «L’articolo 15 della 194 stabilisce che le Regioni rendano disponibili tecniche meno invasive per l’interruzione di gravidanza». Ma intanto il comitato etico regionale è al lavoro per dire se lo «studio applicativo» deve chiudersi come previsto all’aborto numero 400 o interrompersi. «Eravamo preoccupati per la salute delle donne, che invece non corre rischi dice l’assessore alla Sanità Mario Vaipreda. Ma bisogna rispettare le regole. E poi una sperimentazione non va pubblicizzata troppo». Viale non ci Sta: «Le cose sono legali o illegali. Ho adeguato il protocollo all’ordinanza di Storace e rispetto la 194. Lavoro alla luce del sole. Non mi dite che basta fare all’italiana, un po’ sottotraccia, ed è tutto ok?».