Sclerosi multipla, una nuova ricerca smentisce la terapia di liberazione

Il Messaggero

ROMA – Le anomalie del flusso venoso cerebrale potrebbero essere una conseguenza della disabilità derivante dalla Sclerosi Multipla piuttosto che esserne la causa come alcuni studi precedenti avevano sostenuto. E’ quanto si afferma in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale PLoS ONE, effettuato a Catania su quasi 400 persone tra pazienti con Sclerosi multipla o altre malattie neurologiche disabilitanti e soggetti normali. Lo studio dell’Università di Catania, condotto dal Prof. Francesco Patti e coordinato dal Prof. Mario Zappia, ha evidenziato segni di insufficienza cerebrospinale venosa cronica nel 18.9% dei pazienti con SM, nel 6.4% dei soggetti sani e nel 5% dei pazienti affetti da altre patologie neurologiche. Initre, l’insufficienza cerebrospinale venosa cronica, poco presente nelle fasi iniziali della sclerosi multipla, era più frequente nelle forme più avanzate di malattia. «Questa ricerca – ha detto Zappia – si colloca nell’ambito del dibattito sviluppatosi dopo una segnalazione, nel 2009, della presenza di CCSVI nei pazienti con sclerosi multipla quando fu riportato che tutti i pazienti allora esaminati presentavano insufficienza cerebrospinale venosa cronica, mentre nessun soggetto normale ne era affetto. Si ipotizzo’ che potesse essere causa della sclerosi multipla e che un trattamento endovascolare di angioplastica, la terapia di liberazione, fosse in grado di risolvere migliorare notevolmente la disabilita’ associata alla sclerosi multipla. In Italia – ha concluso Zappia – si continua a praticare questo trattamento nonostante gli organismi regolatori ministeriali e la Societa’ Italiana di Neurologia si siano espressi negativamente sulla possibilita’ di trattamento endovascolare al di fuori di sperimentazioni autorizzate. Tali procedure di dubbia efficacia e sicurezza, dovrebbero essere bloccate e condotte esclusivamente nell’ambito di sperimentazioni cliniche autorizzate».