Sangue infetto: risarcimenti zero. Vergogna, 120mila da 40 anni senza giustizia

La Notizia
Martino Villosio

Centottanta milioni di euro da accantonare ogni anno, a partire dal 2007 e fino al risarcimento di tutti gli aventi diritto. Tanto aveva stanziato il Parlamento con la legge 244 del 2007, per finanziare la grande transazione tra lo Stato e migliaia di cittadini vittime di uno dei più grandi scandali nella storia della sanità italiana: quello del “sangue infetto”. Circa 120 mila persone che secondo le stime delle associazioni negli Settanta, Ottanta e Novanta hanno contratto malattie come I’Aids, l’epatite C e l’epatite B in seguito a trasfusioni occasionali di sangue o ad assunzione di emoderivati infetti. Il tutto a causa di omissioni nei controlli sul plasma e sui farmaci prodotti o importati in Italia, per le quali diverse sentenze passate in Cassazione hanno riconosciuto il Ministero della Salute responsabile in sede civile. I soldi messi da parte dovevano servire a risarcire i malati e i parenti di persone decedute che, alla data del 31 gennaio 2007, erano in causa con il Ministero. Dovevano essere il simbolo del tentativo di riconciliazione tra cittadini feriti e il loro Stato. In 7000 hanno aderito. Eppure quei milioni per ora restano sigillati nelle casse dello Stato. La causa è un decreto attuativo pubblicato il 13 luglio 2012 dal Ministero della Salute, in accordo con quello dell’Economia, che ha fissato all’articolo 5 dei nuovi paletti per poter accedere alla transazione: sono stati esclusi dal risarcimento tutti coloro che hanno lasciato trascorrere più di 5 anni per fare causa, dal momento in cui hanno avuto consapevolezza del nesso causale tra la propria infezione e la trasfusione subita. Con questo articolo una larga fetta della platea di infettati è rimasta tagliata fuori. Dall’ottobre scorso circa 3.000 tra ammalati e parenti di persone decedute hanno ricevuto dal Ministero una mail in Posta Elettronica Certificata, con l’annuncio che non potranno essere risarcite causa prescrizione. Altri 1.400 erano già stati esclusi in precedenza. Restano da esaminare gli altri casi: la stragrande maggioranza dei quali seguirà l’identica sorte.La speranza per tutte le vittime del “sangue infetto” adesso si chiama TAR del Lazio. Dopo l’udienza del 10 aprile, i giudici amministrativi entro le prossime settimane si esprimeranno sui primi tre ricorsi dei 42 presentati contro il decreto del 2012 dai danneggiati esclusi dalla transazione. II ministro Balduzzi ha spiegato in più occasioni che il Ministero ha dovuto attenersi al parere fornito dall’Avvocatura dello Stato, che ha consigliato allo Stato di non pagare, per non finire nel mirino della Corte dei Conti. In attesa della pronuncia del Tar è Stefano Bertone, uno degli avvocati dei ricorrenti, a spiegare perché la giustizia amministrativa potrebbe ribaltare la situazione.”Nei processi penali di Trento e di Napoli, dove inizialmente era stato ipotizzato il reato di epidemia prescrivibile in quindici anni, il Ministero si è costituito parte civile”, dice. “Invece quando si trova nei panni del creditore e deve risarcire nega l’esistenza dello stesso reato e può quindi beneficiare di una estinzione dei diritti dei danneggiati nel giro di soli cinque anni. Una contraddizione inaccettabile”.