Sacconi e il caso di Eluana: non mi faccio intimidire

Grazia Maria Mottola

Nuova denuncia al ministro a Milano: l’ ha presentata il legale di una associazione per i diritti umani
MILANO – «Un atto dovuto, lo rifarei». Non cede Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, autore dell’atto di indirizzo che lo scorso dicembre ha bloccato il ricovero di Eluana Englaro nella clinica «Città di Udine».

Anzi. Da Londra, dove si trova per un incontro con il suo omologo britannico, rafforza la sua posizione: «L’inchiesta su di me? Questa sì che è un’intimidazione, ma io non sono il tipo che si fa intimidire». Il riferimento è chiaro: in seguito all’emanazione del provvedimento che impedisce di sospendere ai disabili alimentazione e idratazione artificiali, il ministro è indagato per violenza privata nei confronti della struttura che stava per accogliere Eluana. Ma per Sacconi, quel provvedimento resta «opportuno e fondato»: «E stato un atto doveroso, di indirizzo al servizio sanitario nazionale affinché avesse comportamenti omogenei sul dovere di alimentazione e idratazione delle persone disabili, in ossequio alla legislazione italiana e alle carte Onu». Eppure la questione Englaro continua a dividere.

Chiusa la partita con il Friuli, sembra certa l’apertura di una soluzione in Emilia Romagna (disponibilità manifesta da parte delle Ausl di Rimini e Ravenna). Ma, dopo le dichiarazioni del presidente della Regione, Vasco Errani, e del suo assessore alla Sanità, che hanno contestato l’applicazione dell’atto di indirizzo di Sacconi, la polemica non si placa. Mentre il consiglio comunale di Bologna non vota un documento per «dichiarare la città «aperta ad accogliere Eluana in una struttura sanitaria» (la maggioranza di centrosinistra va in tilt, il Pd dice no e il documento torna in commissione) a chiedere che la donna non venga a morire in terra emiliana è l’arcivescovo bolognese, Carlo Caffarra: «Sarebbe un atto contro Dio – scrive il cardinale -.

Quando avviene che una società trasforma in licenza di uccidere o di uccidersi una legittima libertà di scelta del trattamento terapeutico, è tempo che quella società faccia una seria riflessione sul suo destino». E invita tutti a pregare. Sul fronte opposto, Massimo Cozza, segretario nazionale Cgil medici: «E paradossale nel 2oo9’ essere costretti a contrapporre le acquisizioni scientifiche a un provvedimento ministeriale dettato perlopiù da presupposti ideologici». E lancia un appello in difesa del- l’autonomia dei medici e a sottoscrivere una lettera «per ripristinare la verità scientifica».

Pronta la replica di Vincenzo Saraceni, dell’Associazione italiana medici cattolici: «Alimentazione e idratazione si configurano come sostegno vitale, che non può essere negato». E mentre l’associazione Coscioni si rivolge al ministro, affinché «sblocchi io milioni fermi al Cipe, per l’acquisto di ausili per disabili», a Milano Gian Antonio Conte, avvocato di «Dura Hominis», lo denuncia per «abuso d’ufficio». Chiude la giornata il medico Silvio Viale, con un suggerimento: «Si porti Eluana in un ospedale pubblico, sarà dovere della direzione sanitaria di trovare medici non obiettori che eseguano la sentenza». II prossimo atto giovedì al Tar: si discute la sospensiva del diniego della Regione di ricoverare Eluana in terra lombarda.