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Se è vero che il ministero della Salute tiene molto al concetto di appropriatezza delle cure, al punto da varare un decreto legge che prevede tagli per 208 prestazioni mediche perché non fa la stessa cosa con l`interruzione volontaria di gravidanza farmacologica? La procedura con pillola abortiva Ru486 potrebbe essere seguita in ambulatori o in Day hospital, come accade ormai a livello internazionale. E le risorse risparmiate potrebbero servire per campagne sulla contraccezione, e quindi per la prevenzione dell`aborto stesso. A sollevare questo problema è una lettera aperta al ministro della Salute Beatrice Lorenzin scritta dai medici di Amica (Associazione medici italiani contraccezione e aborto).
Sottoscritta da numerose personalità della scienza e della politica (da Emma Bonino a Carlo Flamigni da Ivan Cavicchi a Maura Cossutta, da Filomena Gallo a molti parlamentari di Sinistra italiana) e da associazioni (Luca Coscioni, Usciamo dal silenzio, Rete delle donne ecc.), la lettera ricorda che «dopo il 2009 nel nostro Paese è possibile interrompere la gravidanza indesiderata con il metodo farmacologico entro le settima settimana». E visto che la legge 194 raccomanda, all`articolo 15, «la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell`integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l`interruzione di gravidanza», il metodo farmacologico, si legge nella lettera, «va favorito in alternativa alla procedura chirurgica, poiché sicuro e considerato tra i metodi di scelta per le Ivg nele prime settimane di gravidanza da tutte le più importanti linee guida internazionali».
Nel mondo le pillole abortive vengono dispensate in regime ambulatoriale, in strutture simili ai nostri consultori o addirittura dai medici di medicina generale. In Italia, non è andata così. Nel 2010 il Consiglio Superiore della Sanità, su richiesta del Ministero «e in assoluta discordanza con i dati di evidenza scientifica», sottolineano i medici, «ha sostenuto in ben tre pareri, che l`interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico deve essere eseguita in regime di ricovero ordinario». Così per prendere due farmaci le donne devono rimanere ricoverate per tre giorni.
Alcune Regioni, visto che il parere del Consiglio superiore della Sanità non era vincolante hanno seguito la prassi in Day hospital e le donne che vi si sono sottoposte non hanno avuto complicazioni, tutti dati che risultano in linea con quelli internazionali. «Non si capisce perché occupare un letto ospedaliero quando non ve ne sia la necessità», dice Mirella Parachini di Amica. Il risultato che si otterrebbe è importantissimo, proprio per colpire alla radice il problema dell`interruzione di gravidanza. Le risorse risparmiate infatti potrebbero essere investite nel «potenziamento della rete dei consultori» ma soprattutto «in un più facile accesso alla contraccezione, onde evitare il ricorso all`aborto».
La scarsa informazione sui contraccettivi, è stata evidenziata anche nella recente Giornata mondiale della contraccezione. L`Italia, tra i sedici Paesi dell`Unione europea che sono rientrati nella ricerca dell`Ippf (International planned parenthood federation) è agli ultimi posti quanto a conoscenza dei contraccettivi ed educazione sessuale nelle scuole.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.