Ru486: Lettera (con risposta) di Marco Cappato al Foglio

Caro Direttore,

ogni guerra degna di questo nome può conoscere una tregua. Mi permetto di suggerire che la Guerra Culturale da Lei condotta contro la libertà di ricerca scientifica e di terapia si conceda una tregua sul fronte estivo che pare più rovente, quello della pillola abortiva RU486.

Le munizioni per tanti attacchi verrebbero al Foglio da dati di natura medico-clinica. In sintesi, la pillola RU486 non sarebbe un metodo abortivo più sicuro dell’aborto chirurgico, ma una “kill pill” – come ha imparato a memoria anche il soldato Volonté – che farebbe soffrire di più e più a lungo, che farebbe correre più rischi alla donna, che ucciderebbe.
Le confesso che l’argomentazione lascia il nemico disorientato. Ma come – verrebbe da dire – non era la pillola assassina colpevole di banalizzare l’aborto, di ridurre l’assassinio del feto-persona a pratica contraccettiva?

Ad esser davvero in guerra anche “noi”, si sarebbe tentati di intrufolare una spia nel vostro accampamento, a gridar forte che è l’aborto chirurgico (così sicuro e privo di rischi rispetto alla dannata pillola) a banalizzare l’aborto, e che bisogna battersi per la kill pill obbligatoria, come unica via per incutere il giusto timore alla donna, per ricordarci che la medicina non deve peccare di tracotanza contro la vita.

Ma “noi” non siamo “in guerra”. Abbiamo informazioni e dati discordanti (a disposizione), ma non è questo il punto. A “noi”, abortari e sadici, basterebbe che scegliesse la donna con l’aiuto del medico, e che il medico consigliasse in base a ciò che si discute non nelle aule parlamentari o sui bollettini di guerra, ma nei congressi dei ginecologi; quei congressi, per intenderci, che ormai negli USA si svolgono in clandestinità, per paura che qualche fondamentalista non-islamico faccia saltare tutto per aria (à la guerre comme à la guerre, avranno spiegato alle reclute in qualche madrassa evangelica!).

Lo so, l’ho già stufata. I dati dei ginecologi L’annoiano tanto quanto i cavilli grazie ai quali la burocrazia giudiziaria cerca di fermare l’azione deontologicamente impeccabile del “nostro” Silvio Viale.
Effettivamente, senza troppi ginecologi e magistrati, al tavolo della tregua si potrebbe parlare di libertà e responsabilità nelle scelte riproduttive. E invece, ogni giorno aspettiamo notizie dal fronte, per sapere finalmente se la pillola è cattiva perché funziona bene o perchè funziona
male.

Risposta del direttore:

L’aborto, al quale si deve poter ricorrere in strutture pubbliche in casi eccezionali e non come ordinaria libertà di “controllare” la riproduzione, cioè uccidere qualcuno cui si è data la vita, non è questione ginacologica ma civile, umana.La Ru486, e questo lo penso e lo scrivo da vent’anni, non è una tecnica neutra antidolore ma un modo (doloroso e insicuro, secondo molti) per rendere l’aborto solitario e privato.

E’la logica di Roe vs Wade, la difesa della privacy, che le menti liberal più aperte si sono decise a contestare anche nell’abortista America (vedi il saggio di Jeffrey Rosen sulla cultura della Corte suprema).