Ricorso alla Consulta sui divieti della legge 40

L’Unità
Jolanda Bufalini

Una coppia affetta da patologia genetica si affida alla fecondazione assistita ma scopre, con la diagnosi preimpianto, che gli embrioni non sono idonei, sono malati o non tentabili. Chiede di interrompere il processo, rifiuta il trasferimento nell`utero degli embrioni, chiede di destinarli alla Ricerca. È questa la vicenda all`origine della decisione della procura di Firenze di rivolgersi alla Corte costituzionale, perché le scelte compiute dalla coppia si infrangono contro la rigidità della legge 40, che vieta la revoca del consenso informato. Secondo la legge a quel punto il trasferimento in utero dell`embrione è automatico. E vieta la ricerca scientifica sugli embrioni in soprannumero, sebbene questi vadano incontro 
a deterioramento e distruzione. Ma la Costituzione negli articoli 2, 3 e 32 garantisce i diritti inviolabili dell`uomo, fra i quali c`è prima di tutto la libertà personale, il diritto alla salute e alla libertà di cura: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario».

L`avvocato Gianni Baldini, legale della coppia fiorentina, ha spiegato che la 
questione di costituzionalità sollevata riguarda l`articolo 13, sul divieto di ricerca scientifica sull`embrione finalizzata alla tutela della salute individuale e collettiva, e l`articolo 6 sulla irrevocabilità del consenso del paziente dopo la fecondazione dell`ovocita. Secondo il legale, il tribunale di Firenze ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale perchè «è irrazionale, illogico e irragionevole prevedere l`irrevocabilità del consenso». E, aggiunge l`avvocato Baldini: «se rientra nella discrezionalità legislativa prevedere la prevalenza del diritto alla vita e allo sviluppo dell`embrione nell`ipotesi di creazione di embrioni da destinare esclusivamente alla ricerca, in maniera del tutto diversa si pone la questione ove gli embrioni siano quelli abbandonati e destinati all`autodistruzione certa per estinzione nel volgere di qualche anno». 
Ricorso «prevedibile», secondo la parlamentare Pd Vittoria Franco perché 
«scopo reale della legge 40 non è aiutare le coppie con problemi di infertilità o di sterilità ad avere figli, ma fare un manifesto ideologico nella pratica insostenibile e dannoso». Gioisce della notizia del ricorso alla Consulta l`associazione Luca Coscioni: «Fin dal primo momento abbiamo 
denunciato l`assurdità di una legge che consente la libertà di ricerca su embrioni provenienti dall`estero». Per Eugenia Roccella (Pdl) la magistratura «scavalca legislatore e referendum». 
Dal presidente della commissione sugli errori sanitari, Palagiano, l`appello 
per inserire la procreazione assistita nel Lea (livelli essenziali di assistenza), in modo da imporre alle regioni l`esistenza di strutture adatte ed evitare la migrazione forzata.