Ricordo di Piero

di Donatella Trevisan
«Morire dev’essere come addormentarsi dopo l’amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa».
Piergiorgio Welby, poeta, co-presidente radicale dell’Associazione Luca Coscioni, malato di distrofia muscolare, ha raggiunto il porto agognato verso cui stava navigando ormai da tanto tempo.

Era uno spirito libero, liberissimo, una persona di grande carisma, lucida e piena di ironia. A chi insinuava che si fosse fatto strumentalizzare dai soliti radicali – lui che era il più radicale di tutti – non rispondeva nemmeno, perché non si risponde a chi ti vuol far passare per incapace di intendere e di volere, soprattutto se si ritiene che ad essere incapace sia colui che ti denigra. Lui, a differenza dei molti che si riempiono la bocca di falsa moralità e sputano sentenze, è invece stato un “uomo capace” nel senso più alto: capace di soffrire, di combattere, di dar corpo – il suo corpo – ad una battaglia che riguarda tutte e tutti noi. Un uomo capace infine di decidere, in piena autonomia, di porre fine alla sua esistenza biologica, che ormai altro non era se non un’infinita tortura, con un ultimo atto di amore verso la vita vera e consapevole.

Come già Luca Coscioni, che se ne è andato dieci mesi fa, anche Piergiorgio ci ha regalato la sua esperienza di vita e di morte per aiutarci a sollevare il velo ipocrita dietro cui in Italia si celano i drammi di coloro cui è tolto il diritto di decidere di se stessi, coloro cui, al massimo, è concessa la scappatoia della segretezza e della clandestinità, ma non certo la dignità di una libera scelta senza sotterfugi e rischi penali. Come ben sapevano Luca e Piergiorgio, e come ben sanno da sempre i radicali, la clandestinità è uno strumento di enorme potere e un vile mezzo di umiliazione: era uno strumento di potere sulle donne (soprattutto quelle senza mezzi finanziari) prima che l’aborto divenisse legale; è tuttora uno strumento di potere sui tossicodipendenti (soprattutto quelli senza mezzi finanziari), sulle coppie sterili o portatrici di malattie ereditarie (soprattutto quelle senza mezzi finanziari), sulle coppie di fatto (soprattutto quelle senza mezzi finanziari), sui malati terminali (soprattutto quelli senza mezzi finanziari).

I temi legati alla vita, all’amore e alla morte sono temi ineludibili, che hanno attraversato tutti i tempi e le epoche. Gli integralismi – tutti gli integralismi – che oggi divampano nel mondo e stringono alleanze contro le libertà individuali, sono incapaci di pietas umana, incapaci di immedesimarsi in chi soffre, di vederne il volto. Welby amava la vita e aveva un sogno, una speranza civile: poter interrompere l’accanimento contro il suo corpo e approdare, senza ulteriori atroci sofferenze, alla morte che già lo abitava. Voleva difendere il diritto di tutte le cittadine e i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite di chi come lui si trova in una situazione estrema come lo è la malattia terminale. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.
Grazie, Piergiorgio, per tutto ciò che ci hai regalato e insegnato.