Racconto a due voci sul primo dispensario italiano di cannabis terapeutica

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Sabato Angieri

Per capire come e perché la Toscana è diventata il primo dispensario italiano di marijuana a uso terapeutico West ha intervistato Francesco Crestani, presidente di “Act” (Associazione Cannabis Terapeutica) e Marco Perduca, ex-senatore e collaboratore dell’associazione “Luca Coscioni”.

Com’è la situazione in Italia e come si è arrivati alla decisione del governo regionale di Firenze?

Perduca – In realtà, dopo la Toscana nel 2012, altre sette regioni hanno approvato una legge sull’uso di cannabinoidi a scopo terapeutico. La grande novità di questa settimana è che la Toscana, a differenza di tutte le altre, ha concluso l’iter necessario da seguire dopo l’approvazione della legge: stilare il regolamento che stabilisce quali sono le malattie per le quali sono prescrivibili questi nuovi farmaci e, in secondo luogo, trovare i fondi che permettano al cittadino di scaricare la ricetta sul sistema sanitario nazionale. Ora sembra che anche Piemonte, Umbria e Abruzzo si stiano muovendo su questa strada

La cannabis utilizzata nei medicinali verrà prodotta in Italia?

Perduca – A settembre dello scorso anno, il Ministero della Sanità e quello della Difesa hanno firmato un protocollo che dà la possibilità all’avvio di processi pilota di studio e di applicazione delle medicine a base di cannabinoidi alle aziende farmaceutiche e agli istituti di ricerca che ne faranno richiesta. In questo primo caso, grazie al materiale raccolto e all’esperienza maturata al CRA-CIN di Rovigo, le competenze verranno trasferite all’Istituto Militare Farmaceutico di Firenze e la produzione sarà interamente seguita dall’esercito

Quali farmaci saranno disponibili e da cosa sono composti?

Crestani – Al momento c’è un solo farmaco a base di cannabis riconosciuto dall’l’Agenzia Italiana del Farmaco: è il “Sativex”. Ma è costoso e scarsamente reperibile perché lo produce un’unica casa farmaceutica che ne detiene il brevetto. Ecco perché a Firenze, invece, ci si dovrebbe concentrare sulla nuova generazione di farmaci, chiamati Bedrocan, prodotti direttamente dalle infiorescenze della pianta (come la Marijuana) dove tutte le proprietà terapeutiche sono presenti in quantità maggiori. Questo può essere somministrato in vari modi: attraverso la preparazione di un decotto, vaporizzata con un apparecchio simile all’aerosol o in gocce di olio estratto. Tra l’altro, le ricerche più recenti si stanno orientando verso un particolare principio attivo della cannabis, il CBD, che non è psicoattivo ma ha lo stesso effetto analgesico oltre ad essere un anti-epilettico e anti-psicotico naturale contrastando gli effetti del THC.

– A che punto è la ricerca in Italia ?

Crestani – Nel nostro paese la ricerca scientifica sui cannabinoidi, ad esempio nella terapia del dolore, è una delle più avanzate nel mondo. Tra i più importanti ricercatori mondiali in questo campo, molti sono connazionali. Mentre nella ricerca clinica continuiamo ad arrancare.

– Come si spiega questa dicotomia?

Crestani – Forse alcune aziende credono che impegnarsi attivamente nella sperimentazione potrebbe causare danni alla propria immagine. Visto che il dibattito in Italia è spesso schiacciato su posizioni ideologiche che confondono l’uso terapeutico e quello ludico dei cannabinoidi.