QUELLO CHE NON DICONO SULLA LIBERTÀ DI RICERCA SCIENTIFICA (Oblò)

<b>8 Gennaio 2003</b> – Morbo di Alzheimer, di Parkinson, diabete, lupus, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica: parole il cui eco rimbomba come macigni che cadono a valle. Queste sono solo alcune, delle tante patologie curabili, forse, con l'ausilio della ricerca sulle cellule staminali embrionali. In Italia questo tipo di ricerca è proibita. Nella maggior parte del mondo occidentale invece, è consentita. Così negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Australia e finanche in Israele, per citare qualche esempio, si continua a percorrere quella che è la strada che può portare alla cura, solo in Italia, di ben 10 milioni di malati cronici. Se si facesse una stima globale, i potenziali pazienti destinatari, sarebbero oltre 500 milioni in tutto il mondo. Ci sono nel nostro Paese più di 20.000 embrioni soprannumerari congelati, destinati a finire nella pattumiera. Di fronte ad una distruzione certa, tutte le forze politiche dovrebbero riconoscere che impiegare questi embrioni per finalità scientifiche, sarebbe l'unica soluzione percorribile secondo buon senso. E invece, niente di tutto questo è accaduto.

Luca Coscioni, ex professore universitario, malato di sclerosi laterale amiotrofica, è il simbolo vivente (nonostante tutto) della battaglia per la libertà di ricerca scientifica. Colpito dal 1995 da questo male subdolo e incurabile, Luca ormai è paralizzato e incapace di parlare con la propria voce. Per comunicare, è costretto ad usare un computer con un programma di sintesi vocale. Eppure non si arrende.

Il 25 giugno del 2002, con un ritardo incredibile di 6 mesi circa, sono stati resi noti i nomi dei nuovi componenti del Comitato di Bioetica nazionale. Tra questi, quello di Luca Coscioni, nonostante la sua candidatura fosse stata promossa da più parti, non figurava. In compenso, è presente un monsignore e, come presidente, un ordinario di Filosofia del Diritto (sic! ndr). Come a dire che, a capo di un'equipe medica specializzata in trapianti, si mettesse come primario un idraulico. Siamo sicuri che non riuscirebbe a capire niente di trapianti, almeno quanto, nel caso inverso, il primario non riuscirebbe a riparare un tubo che perde. Eppure questo è quanto è accaduto.

Riprendiamo uno scorcio del libro di Luca Coscioni, "Il Maratoneta" (edito da