Ancora scintille sul progetto e i finanziamenti per il polo tecnologico nell’area dell’Esposizione universale. Per Elena Cattaneo serve un bando internazionale
Milano – Si sono ritrovati faccia a faccia, i due grandi contendenti. Divisi soltanto da una platea di ricercatori. Perché è lì, nell’aula magna dell’università Statale di Milano, che è andato in scena lo scontro (a distanza ravvicinata) su Human Technopole, il progetto che dovrebbe riaccendere parte dell’area di Expo. Sul palco c’è lei, Elena Cattaneo, che rilancia le sue critiche al metodo scelto dal governo per dare corpo al sogno di un centro internazionale sulle scienze della vita. «Improvvisazione, opacità, disuguaglianza, discrezionalità, discriminazione, assenza di gara», scandisce la scienziata e senatrice a vita. Non cita mai direttamente l’Istituto italiano tecnologico di Genova, che da quando ha ricevuto il compito da Matteo Renzi di studiare un piano che potrebbe valere 1,5 miliardi in dieci anni è al centro delle polemiche. Ma il suo direttore, Roberto Cingolani — e con lui una trentina di ricercatori di punta — è seduto in ultima fila. Ascolta. E fuori dall’aula passa al contrattacco. Con un messaggio: basta sparare sull’Iit. Ma soprattutto con una lunga replica che pubblica on line per ribattere punto su punto al documento scritto da Cattaneo «per i parlamentari e i cittadini».
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Si è riunita a Milano la comunità scientifica per discutere di come ridurre il divario tra l’Italia e il resto del mondo su un fronte strategico come gli investimenti in ricerca. La proposta: creare anche da noi un’agenzia per la ricerca. Ma a bruciare è la divisione su Human Technopole. Tanto che adesso si potrebbe arrivare a un punto di mediazione: non affidare tutto nelle soli mani dell’Istituto tecnologico, ma allargare ad altre realtà la governance e far nascere un nuovo soggetto gestore. Cattaneo è decisa «Questa può essere un’opportunità». Ma bisogna raddrizzare la rotta. «La speranza è che si possa liberare la ricerca, ripensare il progetto. Le mie contestazioni sono sul metodo, ma se il metodo è sbagliato si fa un progetto sbagliato, una cattedrale. Perché non fare come il sindaco Bloomberg a New York che per un nuovo campus ha lanciato un bando internazionale? È così che si attirano i cervelli». «Il primo passo fuori direzione», aggiunge, è stato fatto: l’assegnazione di 80 milioni all’Istituto. Cingolani ribatte: «Sono per la start up, non sono iscritti nel nostro bilancio».
Anche il rettore della Statale Gianluca Vago dice: «Serve un segnale di discontinuità, una struttura giuridicamente riconosciuta per far transitare i finanziamenti non direttamente da Iit, ma da un organismo terzo». Anche perché in una struttura «monocratica», loro non ci sarebbero. Lo stesso golani apre all’ipotesi. Sta aspettando le valutazioni internazionali chieste dal ministero dell’Università per apportare le modifiche al progetto. Dopo il suo compito, dice, sarà finito. «Io sono un ricercatore, non ho mai fatto polemica con nessuno, sono aperto al confronto. Ho letto invece di tutto nei miei confronti, addirittura che sarei un corruttore». Su un punto insorge: «Se il gioco cambia e diventa dimostrare che Iit è una macchina non trasparente che non funziona non mi va bene: è falso e immorale. Io difendo 1500 persone che fanno il loro lavoro e che hanno dimostrato di invertire la fuga di cervelli».
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.