Pieni diritti ai disabili-elettori

Nicola Maranesi

Giovedì la Camera potrebbe estendere il "privilegio" del voto domiciliare agli intrasportabili indipendenti da apparecchiature

ROMA – Questa settimana la Camera ha l’occasione di restituire un po’ di dignità sociale al nostro Paese. Giovedì la commissione Affari costituzionali di Montecitorio, tra i cavilli in ballo per l’electionday di giugno, prenderà in esame la possibilità di estendere le norme sul voto domiciliare per i disabili. In particolare si discuterà della pdl 907 presentato – addirittura lo scorso maggio – dalla deputata Radicale Rita Bernardini, sottoscritto da esponenti politici di tutte le forze presenti in Parlamento.

La proposta intende colmare una lacuna vergognosa del nostro ordinamento, che ancora ad oggi non permette ai portatori di handicap di esprimere la loro preferenza di voto da casa. Proprio così. Se da "ben" due legislature gli italiani all’estero possono esercitare i loro diritti attraverso il voto di corrispondenza e quant’altro, i disabili che risiedono nel suolo italico non godono di altrettanti "privilegi". O meglio, solo alcuni di loro, quelli «dipendenti in modo continuativo e vitale da apparecchiature elettromedicali», ne hanno facoltà dal 2006, grazie a un dl voluto dall’allora ministro dell’Interno Beppe Pisanu (PdL). Per tutti gli altri, anche quelli che pur essendo «intrasportabili» non dipendono in modo continuativo e vitale da apparecchiature elettromedicali, niente voto domiciliare.

Un incomprensibile tanto più se si considera come viene affrontato il problema negli altri Paesi civili. Sempre grazie al lavoro certosino dei Radicali siamo venuti a sapere che in Australia la commissione elettorale provvede ad inviare al domicilio del disabile un seggio mobile nel giorno delle elezioni. Che in Francia è possibile votare per procura attraverso un incaricato che sia iscritto nello stesso seggio del suo assistito. Che in Canada chiunque può votare per posta. Che in Irlanda si può votare per posta se non si può raggiungere il seggio perché portatori di handicap. Che in Lituania, Slovacchia e Spagna accade la stessa cosa. In Svezia e Regno Unito…

Insomma, non si tratta di esempi fantascientifici di progresso democratico. È il minimo che si possa concedere, e per riuscirci basta permettere a chi ne ha bisogno di comunicare con una lettera e un certificato medico la propria situazione di disagio. Lo Stato ha inviato a milioni di italiani il certificato elettorale personale, non potrebbe fare altrettanto con le schede elettorali che necessitano ai disabili? Certamente sì, se le forze politiche presenti in Parlamento decideranno, giovedì, di compiere un atto di civiltà elementare. Se così andranno le cose Severino Mingroni, disabile gravissimo e completamente immobilizzato che riesce a comunicare e a scrivere nel suo blog grazie a ridottissimi movimenti degli occhi, avrà vinto la sua battaglia. «Benché io sia un disabile gravissimo – scriveva un anno fa a Napolitano per protesta – sono considerato trasportabile, ma io vorrei votare a casa. Quindi, alle politiche del 13-14 aprile prossimi non voterò al seggio». A giugno, forse, voterà.