Perché il caso non è scoppiato mesi prima di quell’articolo

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Corriere della sera
Adriana Bazzi

Non sono bastate le dichiarazioni degli scienziati delle staminali, fra cui il premio Nobel Shinya Yamanaka, e nemmeno le prese di posizione di società scientifiche e di associazioni di pazienti: ci è voluta l’inchiesta di un giornale come Nature (sollecitata dalla comunità scientifica stessa) per denunciare che il metodo Stamina è una frode scientifica e per rivelare alcuni retroscena di questa intricata questione che ha visto scendere in campo non solo i ricercatori e Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation, ma anche i politici (che hanno deciso per la sperimentazione) e i giudici (che lo hanno imposto ai medici su pressione dei malati). Nature ha scoperto che la documentazione, presentata da Stamina negli Stati Uniti, per la richiesta del brevetto si avvaleva di alcune fotografie «rubate» a un lavoro scientifico di autori russi e ucraini pubblicato nel 2003.

II brevetto, dunque. «Nel 2012 Vannoni sosteneva di non poter rivelare la sua metodologia perché soggetta a brevetto – commenta Elena Cattaneo, direttore del Centro di ricerca sulle staminali, UniStem dell’Università di Milano -. Poi nel marzo di quest’anno ha dichiarato di averla resa pubblica. Come mai? E successo che la richiesta di brevetto è stata respinta dalle autorità americane, che la Stamina non ha ritirato in tempo i documenti e questi ultimi sono diventati di dominio pubblico». Adesso si sa che le cellule staminali sono messe in coltura con etanolo e acido retinico e maturerebbero «in due ore» e non in «diversi giorni». Una metodica che l’Ufficio brevetti americano ha giudicato grossolana, non credibile e ipoteticamente tossica. Ed è proprio questa metodica che dovrebbe essere oggetto di sperimentazione in Italia. Ma per quali motivi è stata autorizzata una sperimentazione con un metodo che fin da subito ha suscitato perplessità, senza che il ministero facesse indagini sulla Stamina?

Ecco come sono andate le cose. La sperimentazione è stata autorizzata dopo una serie di passaggi che hanno creato non poca confusione. II primo passo lo fa il ministro Balduzzi dando l’ok, per decreto, ai 30 trapianti di staminali imposti dai giudici. Poi il decreto Balduzzi arriva in Senato e si «arricchisce» di un comma che autorizza questi trapianti in tutte le malattie rare senza il controllo dell’Aifa, l’agenzia dei farmaci; il comma, però, va contro una legge europea, fatta propria dall’Italia, che impone, invece, il controllo dell’ente e il rispetto delle «pratiche di buona manifattura» nei laboratori di produzione. II decreto ritorna alla Camera e, alla fine, il Parlamento, per uscire da questo caos, autorizza la sperimentazione.

«Questa autorizzazione — commenta Cattaneo — ha tenuto conto delle speranze che si sono ingenerate fra i pazienti e aveva anche l’obiettivo di far uscire allo scoperto la Stamina». Mentre si cerca di dare il via a una sperimentazione che dovrebbe valutare l’efficacia del metodo, quest’ultimo continua a essere utilizzato nella pratica clinica all’ospedale di Brescia. E tutto questo nel silenzio degli Ordini dei medici, a parte una dichiarazione tardiva dell’Ordine Nazionale e un intervento, di quello di Brescia che chiedeva chiarezza.