Parlamento dormiente sul suicidio assistito

Nonostante la sollecitazione dell’Alta Corte, nulla è stato disciplinato

Dopo poco più di un anno dall’inizio della legislatura, è già tempo di consuntivi. La fine del governo guidato da Giuseppe Conte costituisce uno spartiacque, che si vada presto o tardi alle elezioni. E il consuntivo non può che partire dal Parlamento, organo che sembra sempre più abdicare al proprio ruolo fondamentale nel nostro sistema istituzionale.

La vicenda della mancata approvazione di una legge sulla disciplina del “fine vita” ci pare emblematica di questa rinuncia. Che cosa è successo?

Nel novembre dello scorso anno, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi nel caso Cappato sull’art. 580 del codice penale che punisce ogni forma di agevolazione al suicidio, decide con saggezza di rinviare il processo al 24 settembre 2019, per dare alle Camere un tempo congruo per modificare una norma che, secondo la Corte stessa, non realizza un ragionevole bilanciamento tra i molti interessi e diritti coinvolti.

I giudici di Palazzo della Consulta riconoscono che il divieto assoluto di aiuto al suicidio, in casi drammatici quali quello di Fabiano Antoniani, sacrifica irragionevolmente valori fondamentali quali la dignità e l’autodeterminazione della persona. Ritengono, però, che la prima parola debba spettare ai rappresentanti del popolo, i quali hanno la possibilità di scegliere tra una pluralità di opzioni politiche, purché capaci di conciliare i diversi valori in gioco.

D’altronde, come sottolineato a fine luglio in un importante parere del Comitato Nazionale di Bioetica, solo il Parlamento è in grado di disciplinare dettagliatamente i temi più delicati del fine vita: la differenza tra assistenza medica al suicidio ed eutanasia; che la volontà della persona sia davvero libera e informata; i valori professionali del medico e degli operatori sanitari; le cure palliative. Il giudice costituzionale è un “legislatore negativo”, può demolire una norma ma non può certo disciplinare ex novo una materia.

Continua a leggere l’articolo sul Sole 24 Ore  ➡