Paola e l’eutanasia: «Devo essere io a scegliere quando morire, non la malattia»

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VanityFair.it
Chiara Pizzimenti

«Devo essere io a scegliere, non la malattia. Non ho paura. E so che, anche se non mi ridaranno i soldi, posso tornare indietro fino all’ultimo istante. Ho un’opportunità in più». Opportunità è la parola che usa Paola Cirio, consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni. È una signora torinese poco più che 50enne intervista dal quotidiano La Stampa che racconta la possibilità che si è data, la libertà di decidere come e quando morire.

SVIZZERA
Una libertà che lo Stato italiano non le concede e che lei è andata a cercare in Svizzera. «Mi hanno detto che per morire ci vogliono cinque minuti e diecimila euro. Ti danno un gastroprotettore. E subito dopo un bicchiere di veleno, una sostanza di cui non ricordo il nome. A quel punto te ne vai. Senza sentire dolore. E’ questo il suicidio assistito. Così conto di finire la mia vita. In Svizzera. E’ già tutto predisposto, ho avuto la luce verde». Il centro di Ginevra ha inviato le sue cartelle cliniche ha detto di essere pronto quando vuole lei. Manderanno un’ambulanza a prenderla e poi parlerà con gli psicologi che le chiederanno se è veramente convinta della sua decisione. 

SCLEROSI
Paola Cirio ha la sclerosi. La diagnosi è del 2002, ma già dal 1999 si erano visti i primi segnali della malattia. Sa che i suoi muscoli pian piano si paralizzeranno mentre la sua mente resterà lucida. Non vuole che sia così, vuole avere una possibilità di scelta e si è rivolta all’associazione Exit. È lei sola a decidere. Non ha figli, ha allontanato il marito anni fa. Con la madre, cattolica praticante, non va d’accordo, il padre è malato, la sorella ha pianto quando le ha raccontato la sua scelta. Ha pensato al suicidio? Dice di averlo fatto due volte, ma non ha avuto il coraggio di gettarsi sotto un treno o dal terrazzo di un amico.   

DIRITTI
Nel mese di marzo per la prima volta arriverà in Parlamento una legge sul fine vita: eutanasia, testamento biologico i punti principali. È una delle battaglie storiche dei radicali e da Mina Welby con la storia del marito Piergiorgio. Paola è da questa parte della barricata nella battaglia per i diritti: «In questo Paese sui diritti civili siamo alla preistoria. Io ho deciso di raccontare il mio percorso perché penso non sia giusto che solo chi ha un po’ di soldi da parte possa decidere di crepare con dignità».