Ottocento inglesi in lista d’attesa per l’eutanasia

Elisabetta Del Soldato

gordon brownIn 34 hanno avuto il via libera della clinica «Dignitas» per togliersi la vita. A Londra alcuni deputati vorrebbero cancellare la normativa che punisce i familiari che aiutano i malati a suicidarsi. No di Brown. Ma è battaglia
Il settimanale The Observer strillava domenica in prima pagina: «Ottocento britannici in lista d’attesa per morire alla clinica svizzera del suicidio». E continuava: «Il dibattito sull’eutanasia è riaperto. Un gruppo di esponenti della Camera dei Lord,

tra cui Lord Falconer, già membro dell’esecutivo di Tony Blair, sta facendo pressione affinché la legge che condanna fino a 14 anni di reclusione chi aiuta i familiari a morire, anche solo accompagnandoli all’estero, venga emendata».

Il premier Gordon Brown, contrario al suicidio assistito in Gran Bretagna e alla revisione della legge, è sotto pressione perché è evidente, ha detto ieri Nick Wood, portavoce dell’associazione contro l’eutanasia “Care not Killing”, «che la lobby pro suicidio assistito sta cercando in tutti i modi di guadagnare terreno». Degli 800 inglesi in lista d’attesa alla clinica Dignitas, 34 hanno ricevuto qualche giorno fa il benestare del fondatore della clinica, Ludwig Minelli, e attendono ora di sapere quando potranno recarsi in Svizzera. Sono fino ad oggi 72 i britannici che si sono tolti la vita con l’aiuto della clinica: 15 nel 2003; 26 nel 2006; 23 negli ultimi 12 mesi. I familiari che li accompagneranno sanno di rischiare la prigione: la legge stabilita dal Suicide Act del 1961 è chiara al riguardo: chi aiuta una persona a morire rischia fino a 14 anni di carcere. Brown ha già detto in passato, appoggiato in questo dai leader della Chiesa cattolica e anglicana, che non intende cambiarla perché metterebbe a rischio le persone vulnerabili. Anche l’Alta Corte di Giustizia ha riaffermato la validità del Suicide Act respingendo l’appello di Debbie Purdy, una donna di 46 anni malata di sclerosi multipla che qualche mese fa chiese al giudice di sollevare il marito dal rischio di incriminazione quando questo l’accompagnerà in Svizzera a morire. «Un cambiamento nella legge a favore del suicidio assistito – ha continuato Wood – metterebbe sotto pressione molte persone malate gravemente che si sentirebbero come costrette a scegliere il suicidio per evitare i costi alti delle cure palliative o per evitare di chiedere l`aiuto e la compassione dei familiari.

 La legge attuale è necessaria affinché le famiglie facciano il possibile per stare vicine ai loro cari e affinché ai corpi deboli e malati sia dato lo stesso valore di quelli forti e sani. Senza contare che la legge ora protegge quelle persone che altrimenti opterebbero per il suicidio solo perché si sentono un peso per la famiglia». Tra i membri della Camera dei Lord che promuovono un cambiamento della legge ci sono tra gli altri Lord Jay, Lord Lester, la Baronessa Greengross e Lord Patel. Se la loro proposta verrà appoggiata dalla maggioranza costringerà il governo a prenderla in considerazione e potrebbe dare il via al consueto iter parlamentare con i passaggi alla Camera dei Comuni e poi di nuovo a quella dei Lord fino al varo finale. Qualche settimana fa, fiutando venti minacciosi, l’arcivescovo cattolico di Cardiff, Peter Smith, aveva messo in guardia dalla promozione del suicidio assistito. «Appoggiare il suicidio assistito sarebbe un atto perverso – aveva dichiarato – . Le norme vigenti sono state varate per proteggere i vulnerabili e cambiarle sarebbe sbagliato». Tra i membri della Camera dei Lord che si opporranno ai cambiamenti della legge c’è la baronessa Finlay, esperta in cure palliative: «Nella mia carriera di 25 anni come specialista in cure palliative – ha detto – mi sono trovata di fronte a molti casi tragici ma ognuno di questi ha sempre trovato sollievo e conforto nell’amore dei cari e nelle cure adeguate».