Ora il “dottor morte” è inquisito dai medici

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E’ iniziato ieri pomeriggio davanti all’Ordine dei medici genovese il processo al “dottor Morte”, così come si definisce Roberto Santi, uno dei dirigenti della Asl di Chiavari, discusso camice bianco che si schierò pubblicamente a favore dell’eutanasia per Giorgio Welby e più recentemente per Giovanni Nuvoli, 54 anni, sardo, da quattro anni attaccato a un respiratore. Santi viene accusato di aver insinuato e messo per iscritto pubblicamente che i medici sono succubi del potere politico e religioso. Nella lettera con la quale veniva convocato nella sede dell’Ordine di piazza della Vittoria 12 a Genova, non lo si dice apertamente. Ma da indiscrezioni l’esposto partito dal presidente dell’Ordine di Sassari sarebbe motivato da una accusa ancora più grave: il medico si sarebbe presentato come il dottore di famiglia nell’ospedale dove era ricoverato Nuvoli, per poter avere accesso alla documentazione clinica: «Per fortuna nessuna di queste accuse mi è stata formalizzata. – dice Santi – I medici dell’ospedale conoscono benissimo chi è il sanitario di famiglia di Giovanni Nuvoli e mai avrebbero potuto credere a una cosa simile. Il quadro clinico del paziente era chiaro senza dover leggere alcun documento».

Personaggio scomodo Roberto Santi, «come è scomodo chi dall’interno del sistema sanità lo critica senza reticenze», commenta l’avvocato che lo assiste, Giuseppe Maria Gallo. Il medico chiavarese prima ha scritto un libro, “Camici Sporchi” sui presunti misfatti compiuti nella Asì in cui lavora. Poi si è offerto di staccare la spina a Giorgio Welby, innalzandosi a difensore dei diritti di coloro che rifiutano l’accanimento terapeutico. Dopo Welby è stata la volta di Nuvoli. E su questo nuovo fronte, che sarà oggetto di un nuovo libro prossimo al lancio (“Io, dottor morte”), è partito ufficialmente il procedimento disciplinare. «Da Roma è arrivato anche il veto dei Radicali alla mia candidatura alle elezioni per il consiglio proviciale di Genova – rivela – incredibile. Spero che i chiarimenti da me forniti al più presto serviranno a far tornare indietro i vertici del partito. Ho il sospetto che di fronte alle mie critiche, circostanziate e documentate, la categoria reagisca cercando di delegittimarmi».

L’avvocato Gallo si è riservato di consegnare all’Ordine del medici una memoria difensiva entro pochi giorni che citerà testimonianze dirette degli stessi familiari di Nuvoli. Il caso del cinquantaquattrenne sardo, affetto da sclerosi laterale amiotrofica e per questo ridotto a una larva di poco più di 20 chili, che sopravvive solo se intubato e collegato a un respiratore, ha riportato nuovamente all’attenzione dell’opinione pubblica il tema dell’eutanasia. «Ho parlato con Nuvoli lungamente. Lui rispondeva con il linguaggio del battito delle ciglia. E’ stato un dialogo straziante. La verità è dura, durissima. E nel suo caso la verità è che il respiratore ha consentito a una malattia arrivata al termine naturale, cioè la morte, di progredire ulteriormente. Questo è accanimento terapeutico. E poi la volontà del paziente deve essere sacra. E’ su questo che il medico, non solo la politica, deve interrogarsi. Attualmente abbiamo le tecnologie e le terapie per tenere un corpo in vita per l’eternità. Ma è giusto farlo?».