Occhio al topo, esperimenti nell’Asia dell’Est

In Europa si utilizzano sempre meno scimmie a scopo scientifico. E questo non è necessariamente un vantaggio per loro. C’è ancora la necessità di ulteriori studi ed esperimenti, che ora sono sempre più spesso condotti in Cina.

Nikos Logothetis ha deciso di non andare più avanti.  In accordo con i report dell’anno scorso, il neuroscienziato del Max Planck Institute di Cibernetica Biologica sta abbandonando l’uso delle scimmie per la sua ricerca. La pressione esterna e l’ostilità verso i suoi esperimenti sono diventati troppo grandi. «Non è certo che questo possa essere un reale aiuto per gli animali. La maggior parte di questa ricerca è vietata nei paesi più sviluppati, e quindi gli esperimenti saranno spostati in paesi come la Cina – in altre parole, in quelle parti del mondo in cui la vita dei primati non è protetta con la stessa attenzione usata in Europa,» spiega Patrick Illinger sul Süddeutsche Zeitung in merito agli eventi di Tübingen.

Le cifre confermano questo trend. La rivista Nature riporta una riduzione del 28% nel numero delle scimmie utilizzate per la ricerca in Europa tra il 2008 e il 20112. Franz-Josef Kaup, Capo dell’Unità di Allevamento di Primati e Responsabile del Benessere Animale al DPZ (German Primate Centre) a Göttingen cita cifre specifiche: «Nel 2005, 10.449 scimmie sono state usate in ambito di ricerca nell’Unione Europea, mentre nel 2011 questa cifra si è ridotta a 6.095 animali.» Nella sua stima, la riduzione è principalmente dovuta al fatto che nel Regno Unito si sono praticamente azzerati gli studi sulle scimmie nella ricerca farmacologica.

«E’ però vero che si conducono ancora studi tossicologici per le industrie farmaceutiche» afferma Kaup. Tra il 70 e l’80% di tutti i primati non umani è utilizzato in ambito farmaceutico – aggiunge – e le aziende in UK hanno probabilmente portato questi studi in Asia. «E’ indubbio che avvenga questo outsourcing, ma è difficile provare dove e come perché non se ne parla» dice Kaup. Un ricercatore europeo, che preferisce rimanere anonimo, dopo aver visitato l’Asia riporta su Nature che molti gruppi europei hanno intrapreso collaborazioni con la Cina, ma non ne parlano perché questo potrebbe danneggiare la loro reputazione. Il numero degli animali del Centro di Primati a Göttingen e degli studi farmacologici in Germania sono relativamente stabili – spiega Kaup – ma aggiunge che una grande company farmaceutica tedesca ha recentemente condotto studi sulle scimmie in Cina.

Mentre i ricercatori in Europa si ritirano, un’eccitante atmosfera di ottimismo prevale in Cina.  Il laboratorio Yunnan Key di ricerca sui primati, per esempio, fondato 5 anni fa nel sud-ovest del paese, ospita 1.500 scimmie, molte delle quali sono utilizzate come modello per la ricerca medica nell’autismo e nelle patologie cardiovascolari e nel Parkinson. In Yunnan stanno ancora collaborando con i ricercatori europei e americani, e il direttore, Ji Weizhi, prevede di espandere ulteriormente il centro e di ampliare i contatti internazionali.

In un altro fiorente centro in Cina, l’Istituto di Zoologia Kunming, c’è una colonia di 2.500 scimmie (Macaca fascicularis). Secondo i piani dell’istituto, l’edificio sarà presto ridisegnato come un ospedale, con diversi dipartimenti per gli studi genetici, attività e camere per la risonanza magnetica e apparecchiature di TC per la diagnosi. Ci sono anche altri nuovi centri di ricerca a Shenzhen, Hanzhou, Suzhou e Guangzhou.

Perché la Cina e perché ora? Primo, oggi la scienza ed in particolare la ricerca con i primati non umani sono fortemente considerati un obiettivo nazionale in Cina. In secondo luogo, sono attualmente a disposizione nuove tecnologie grazie alle quali i primati possono essere manipolati geneticamente molto più facilmente rispetto al passato. «Ci sono stati progressi nella biologia delle cellule staminali e nella fecondazione in vitro» ha detto la giornalista scientifica Katrin Zöfel quando si parla di una sua visita in Cina. «E ci sono metodi, come la nuova tecnologia CRISPR-Cas, che viene utilizzata come una sorta di forbice molecolare in grado di modificare i geni in singole cellule in maniera molto specifica» aggiunge.

Le restrizioni presenti in Europa per la sperimentazione sulle scimmie non esistono in Cina, dice Zöfel. Dal suo punto di vista, in Cina non si rispettano le linee guida del benessere animale come avviene, invece, in Europa. Ma bisogna anche considerare, che «in Cina e Giappone non considerano gli animali nello stesso modo in cui facciamo noi. Le scimmie sono considerate più come oggetti che come esseri viventi» afferma Zöfel aggiungendo anche che la cooperazione internazionale ha luogo, comunque, solo quando i cinesi si attengono agli standard internazionali in ambito di studi sugli animali. Franz-Josef Kaup ha una visione simile: «mentre la considerazione che gli asiatici hanno degli animali è diversa dalla nostra, i cinesi comunque rispettano le GLP (Good Laboratory Practice) e il benessere animale richiesti dai loro clienti.»

Quali sono le conseguenze del ruolo della Cina come attore globale nel campo della ricerca sulle scimmie? «La Cina potrebbe diventare l’unico posto dove possiamo convalidare le nostre strategie terapeutiche – vogliamo questo?» chiede Erwan Bezard dell’Università di Bordeaux, impegnato nello studio della patogenesi nel morbo di Parkinson. I ricercatori hanno paura di diventare dipendenti dalla Cina per la ricerca e la sperimentazione dei farmaci. «Sarebbe una triste ironia se i passaggi chiave dovranno essere spostati proprio in quei paesi che non sono all’altezza dei nostri elevati standard per il benessere animale» dice Roger Lemon del University College di Londra, dove sta conducendo studi per il controllo dei movimenti della mano. Il team di Lemon sta sviluppando, infatti, nuove forme di trattamento per pazienti con ictus. Il boom della Cina potrebbe portare ad un collo di bottiglia. Se un gran numero di esperti dovrà emigrare, diventerà sempre più difficile trovare specialisti come chirurghi o anestesisti in grado di lavorare sugli animali, scrive Alison Abbott su Nature.

Il ricercatore di Göttingen, Franz-Josef Kaup, pone l’attenzione su un altro problema. In Cina, spesso si lavora con scimmie di generazione F1, come ad esempio la progenie di animali in cattività. «A causa della loro variabilità genetica e del loro stato di salute non del tutto noto, la qualità dei risultati potrebbe ridursi notevolmente» afferma Kaup. Le scimmie potrebbero, ad esempio, aver contratto l’infezione di alcuni parassiti nell’utero. Il benessere animale in Europa, comunque, ha stabilito che gli animali F1 non debbano più essere utilizzati in ricerca dal 2022, aggiunge Kaup.

La ricerca applicata è dipendente dagli esperimenti sulle scimmie per tests e studi, dice Kaup, mettendo in evidenza in particolare due problematiche. In primo luogo la ricerca sulle infezioni: per una migliore comprensione dei processi alla base delle infezioni da HIV, hanno un ruolo cruciale gli studi che usano scimmie rhesus infettate con il virus dell’immunodeficienza delle scimmie (SIV) e geneticamente modificate con varianti specifiche del virus. E lo sviluppo di farmaci o vaccini per il trattamento di infezioni da Ebola, per esempio, è attualmente inconcepibile senza scimmie.  

Per decenni, i ricercatori sono stati impegnati in studi con le scimmie per ottenere una migliore comprensione delle funzioni e delle patologie cerebrali umane. «I pacemaker cerebrali, che ad oggi stanno aiutando migliaia di pazienti con Parkinson, sono stati sviluppati nelle scimmie; allo stesso modo anche le protesi meccaniche degli arti superiori, controllati dalla mente, sono oggetto di ricerca che utilizza la scimmia come modello animale» afferma Kaup. Grégoire Courtine del Federal Institute of Technology di Losanna (EPFL) sta lavorando anche sullo sviluppo di dispositivi di neuroprotesi. Courtine ha deciso di dividere il suo tempo tra Losanna e la società di ricerca sui primati Motac a Pechino. Per portare avanti la sua ricerca affronta questo viaggio più di una volta al mese. Courtine è anche uno dei maggior esponenti in ambito di ricerca sulle scimmie a Friburgo, in Svizzera. Qui ha istituito il Swiss Primate Competence Centre for Research nel 2013 – non solo come centro di formazione per i ricercatori che lavorano con le scimmie, ma anche, in generale, come punto centrale di contatto per la diffusione delle informazioni al pubblico. «Se la ricerca richiede quantità, la farò in Cina» dice. D’altra parte, Courtine preferisce condurre esperimenti complessi a Friburgo.

Al momento, i ricercatori hanno a disposizione tre opzioni, scrive Alison Abbott su Nature. «Alcuni scienziati affrontano questa situazione e cercano di spostare sempre più l’attenzione del pubblico sul loro lavoro. Altri hanno rinunciato completamente agli esperimenti sulle scimmie; altri ancora trasferiscono i loro esperimenti in un paese al di fuori dell’Europa» La neuroscienziata Anna Wang Roe della Vanderbilt University di Nashville sta prendendo la strada verso la Cina. Lei spera che le attrezzature all’avanguardia e gli studi sulle scimmie lì la possano aiutare a fare progressi 

con la sua ricerca sulla possibile interconnessione tra i vari moduli del cervello. Per questa ragione, le sta chiudendo il suo laboratorio americano e sta per diventare Direttore dello Zhejiang Interdisciplinary Institute di Neuroscienze e Tecnologia.

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