Nuovo studio smentisce la teoria di Zamboni

Nuova Ferrara

Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Lancet, arriva a indebolire la teoria secondo cui una concausa della sclerosi multipla potrebbe essere il restringimento dei vasi sanguigni di testa e collo (Ccsvi). Condotto da Anthony Traboulsee della University of British Columbia and Vancouver Coastal Health, lo studio è basato su un esame diagnostico molto approfondito che permette di vedere questi vasi sanguigni. I risultati evidenziano che il restringimento dei vasi è in realtà una condizione piuttosto comune nella popolazione generale e che i pazienti con sclerosi multipla non hanno una probabilità superiore alla popolazione sana di esserne interessati. In altri termini, il restringimento delle vene di collo e testa non rappresenta una peculiarità dei pazienti ma è una condizione frequente anche tra i sani, quindi non riconducibile alla malattia.

Negli ultimi anni è stato un susseguirsi di studi che, a più riprese, hanno smentito o awalorato l’ipotesi del professore ferrarese Paolo Zamboni che per primo ha ipotizzato un collegamento fra Ccsvi (Insufficienza venosa cronica cerebrospinale) e sclerosi multipla e sta coordinando una sperimentazione nazionale che coinvolge diversi centri di ricerca. Tra gli studi eseguiti, ad esempio, c’è un lavoro pubblicato sul Canadian Medical Association Journal da Andreas Laupacis del Michael’s Hospital di Toronto. Laupacis ha riesaminato dati di otto studi (compreso quello di Zamboni) in cui si misurava il rischio di Ccsvi in pazienti con la malattia e in soggetti sani e ha visto che nei primi il rischio Ccsvi è da 5 a 13 volte superiore. Ma il lavoro pubblicato su Lancet fa tremare la teoria di Zamboni.

Gli esperti hanno usato due tecniche di visualizzazione delle vene, l’ecografia e un esame più dettagliato con un tracciante e un catetere (venografia). In particolare hanno confrontato le vene di 79 malati di sclerosi multipla, 55 sorelle o fratelli sani di questi pazienti, 43 soggetti sani di controllo senza relazioni di parentela con i pazienti. È emerso che il restringimento delle vene è una condizione comune sia nei pazienti, sia nei parenti sani sia nella popolazione generale sana (almeno i due terzi dei soggetti di tutti e tre i gruppi studiati) e che quindi le vene ristrette non sembrano collegate alla malattia.