Nostro figlio sta morendo, basta accanimenti terapeutici

di Mara Chiarelli
BARI -Davide ha compiuto ieri un mese, ed è già un miracolo. Segnato dalla sindrome di Potter, è nato senza reni, con altre malformazioni fisiche (piedi torti, ureteri e vescica poco sviluppati) e scarsissime probabilità di sopravvivere. Ma mentre lui, sottoposto a dialisi, lotta in un’incubatrice dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, dove è stato trasferito, sulla sua piccola vita si agitano già polemiche e battaglie legali.
Dieci giorni fa ai suoi genitori Massimo di 38 anni e Maria Rita di 33, che hanno altri due figli, il tribunale per i minorenni di Bari ha sospeso la patria potestà. I due, messi di fronte alla necessità di decidere rapidamente se autorizzare il trasferimento del neonato ad un altro ospedale per cominciare subito la dialisi che avrebbe potuto salvargli la vita, hanno tentennato. «Decidiamo domani», hanno scritto sul registro delle firme degli Ospedali Riuniti di Foggia, dove il piccolo è nato. Ma al loro ritorno in corsia, hanno trovato il provvedimento del tribunale minorile.
Un provvedimento cautelare, deciso di urgenza e sulla base delle indicazioni dei medici, finalizzato a salvare la vita al piccolo Davide, contro il quale Massimo e Maria Rita hanno presentato un’istanza di revoca. «Vogliamo tornare a essere genitori di Davide e prendere per lui le decisioni migliori spiegano assieme ai medici.
Tutto all’insegna del buon senso, mancato quando c’erano da prendere decisioni fondamentali per il destino di nostro figlio». Nei prossimi giorni, il giudice minorile depositerà il nuovo provvedimento, ma intanto il neonato viene sottoposto quotidianamente a dialisi, «a volta anche per 12 ore.
Un calvario commenta suo padre – Per ora riesce a sopportare queste terapie ma poi sarà per lui una vita d’inferno». E a dargli man forte c’è anche suo cognato, Antonio Vigilante, che nel suo blog in Internet ha raccontato la storia di Davide e ha lanciato una petizione, firmata anche da Mina Welby, vedova di Piergiorgio. In pochi giorni sono già state raccolte oltre 900 firme, da tutte le località del Paese. «In questa vicenda i genitori sono stati ignorati, nessuno li ha ascoltati, neanche il comitato etico – ha commentato Vigilante – Sanno che per il loro bambino non c’è speranza: nella migliore delle ipotesi un bimbo con la stessa malattia è sopravvissuto 39 giorni e si sono chiesti se era accanimento terapeutico».
Di parere contrario il comitato etico dell’ospedale, che si è già riunito alcuni giorni fa. Gli undici componenti hanno letto carte, ascoltato il primario di Neonatologia di Foggia e quello di Nefrologia pediatrica di Bari. Alla fine hanno stabilito che, visto il margine di sopravvivenza, il neonato è sottoposto a cure «opportune e necessarie», insomma che sudi lui non vi è alcun «accanimento terapeutico».
«Avevamo chiesto solo un pò di tempo per poterci informare – scuote la testa papà Massimo, operaio alla Fiat di Melfi – e capire, visto che nessuno ci dava speranza, visto che nessun bambino è mai sopravvissuto a lungo ad una sindrome del genere, se era giusto sottoporlo a dolore inutile. Poi hanno deciso gli altri e ora, anche se ci verrà restituita la potestà non sappiamo più che fare».