“No alla tortura di Stato”

In piazza contro il progetto del governo sul testamento biologico: “Pronti al referendum
C’è Antonio Di Pietro ma non sale sul palco. Ci sono Paolo Ferrero e Ignazio Marino, ma nessuno di loro prende in mano il microfono perché la ribalta di questo pomeriggio in piazza per il testamento biologico non appartiene ai politici. I riflettori sono per chi non ha incarichi di partito, per gli intellettuali che hanno deciso di prendere posizione contro quella che viene considerata una «tortura di Stato».

Beppino Englaro, innanzitutto, che ha combattuto in prima persona una battaglia durata diciassette anni. Più tardi alla trasmissione «Che tempo che fa» di Fabio Fazío preciserà che «dire di no ad una terapia salvavita non ha niente a che vedere con l’eutanasia, nella maniera più assoluta. È semplicemente lasciare che la natura faccia il suo corso. È quasi banale non capire questa situazione. Una cosa è chiedere un’iniezione letale, un’altra e chiedere di lasciarsi morire: l’ha chiesto anche Giovanni Paolo II». Un «eroe civile», lo definisce il costituzionalista Stefano Rodotà, anche lui in piazza. Il padre di Eluana parla in collegamento telefonico e la piazza esplode. E’ la stessa piazza che restò semivuota un anno fa quando Giuliano Ferrara volle aprire la campagna elettorale della sua lista antiabortista. E che si riempì quando si trattò di manifestare a favore di quelli che allora si chiamavano Dico. Anche in questo pomeriggio a favore del testamento biologico è stracolma, sono diverse migliaia, a dispetto di un piccolo sgambetto dell’ultima ora con uno spostamento del palco da piazza Navona a piazza Farnese. Paolo Flores D’Arcais, direttore di «MicroMega», che ha voluto la manifestazione ringrazia per questo Antonio Di Pietro e la sua Italia dei Valori «che ha messo a disposizione le sue strutture e i militanti». I partiti dell’opposizione ci sono tutti ma nessuna bandiera politica sventola e gli unici banchetti sono dell’Uaar – l’associazione degli atei italiani – dell’Associazione Coscioni, e di You test, la telecamera per registrare il proprio testamento biologico e metterlo in rete in modo che se ci si dovesse ritrovare in condizione di non intendere né di volere nessuno possa obiettare che la volontà di morire non era chiara. Beppino Englaro ha intenzione di continuare a lottare per il testamento biologico e lo dice alla piazza. La legge del centro-destra? «Una barbarie». Alimentazione e idratazione obbligatorie? «Incostituzionale». È valsa la pena di condurre una battaglia nei tribunali così lunga? «0 si crede nello Stato di diritto e nella legalità, o non ci si crede», risponde, calmo. E poi, tra i battimani, scandisce: «Se non ci sono altre strade e la legge passa, è chiaro che servirà un referendum. Sono convinto che gli italiani non si lasceranno imporre questa legge dal governo».

Qualche cartello campeggia qua e là nella folla: «Basta Papa» oppure «Per i criminali politici che stuprano la Costituzione, quale pena?». O, ancora: «Karol Wojtyla il Papa al Gemelli sarebbe ancora vivo». Una signora porta appuntato sul petto un foglio su cui ha scritto: «Sul mio corpo e sulla mia morte decido io». Gli intellettuali sono davvero tanti. Ci sono Andrea CamilIeri e Lidia Ravera, Dacia Maraini, Pancho Pardi. Paolo Flores D’Arcais, contraddicendo quanto accade di solito nelle manifestazioni, evita di dare le cifre della presenza in piazza. «Tanto ci risponderebbero subito che sono due o tre volte di meno» e si limita a parlare di «un mare di gente». C’è Mina, la vedova di Piergiorgio Welby, e doni Giovanni Franzoni – sospeso «a divinis» negli Anni 70 per la sua adesione al Pci – e il valdese Daniele Garrone. Tra i politici rimasti ai piedi del palco il bersaglio preferito più che Berlusconi è Veltroni e il suo Pd. Emma Bonino considera Veltroni «un pavido: gli ho chiesto tante volte in pubblico di partecipare a manifestazioni a favore di una legge laica sul testamento biologico. Niente da fare. Oggi non mi sembra che questa pavidità li abbia aiutati».

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