A nessuno piace morire soffrendo

di G. Corbellini
L`idea di aprire un dibattito sull`eutanasia è certamente un alto omaggio alla memoria di Piergiorgio Welby a un anno dalla sua morte, e anche a quella di Luca Coscioni, che ha dato vita alla associazione dove Piergiorgio ha riconosciuto il terreno politico più fertile per coltivare la rivendicazione di un diritto civile. Non c`è tanto da discutere, come rileva anche Troilo, sul fatto che una legalizzazione dell`eutanasia sia compatibile con l`ordinamento costituzionale vigente. Chi scrive sa anche, in qualità di storico della medicina, che non ha alcun fondamento la tesi per cui la difesa della vita ad ogni costo sarebbe una sorta di marchio d`origine della deontologia medica occidentale: solo una conoscenza parziale o strumentale delle origini e della storia del giuramento ippocratico può indurre a sostenere che abbia ancora qualche valore. Anche solo simbolico. Sul piano filosofico e dell`etica applicata gli unici argomenti contro la liceità morale e legale dell`eutanasia sono solo di natura dogmatica e discendono dal principio dell`indisponibilità del bene vita come valore assoluto. Un principio che può e deve valere per chi lo condivide, ma che in una democrazia liberale non dovrebbe essere imposto come norma di stato. Non ci sono prove di abusi in nessuno dei paesi che hanno legalizzato l`aiuto a morire, suicidio assistito o eutanasia. Né per quanto riguarda la Svizzera dove è depenalizzato. Anzi, i dati dell`indagine Eureld dimostrano che i paesi come Olanda e Belgio, dove l`eutanasia è legalizzata, praticamente non esistono casi di pazienti che vengono aiutati a morire contro la loro volontà. Mentre l`Italia, insieme a Svezia e Danimarca, è tra i paesi dove è più alta la percentuale di eutanasie clandestine. In Italia, e il dato se fosse generalizzabile sarebbe terribile, circa la metà dei medici che hanno risposto al questionario Eureld dicono di aver praticato l`aiuto a morire senza parlarne con il paziente terminale. Anche i dati raccolti dall`Ordine dei medici sono abbastanza indicativi: quasi l` 1% dei medici italiani dice che almeno in un caso ha aiutato un paziente a morire (sono circa trecentomila i medici in Italia!) e la maggioranza relativa è favorevole ad aiutare a morire i pazienti in condizioni terminali e che ne facciano esplicita. segue a pagina 3 Nella società italiana sono senza alcun dubbio largamente diffusi, e lo saranno sempre di più con l`invecchiamento ulteriore della popolazione, valori decisamente laici per quanto riguarda le scelte di fine vita. E non solo quelle. Insomma, quasi a nessuno piace morire rantolando e soffrendo in modo insopportabile, cioè perdere quelle capacità di autocontrollo che sono la so- stanza della dignità personale. Anche l`amore per i propri cari, a dispetto di chi pensa solo male dell`eutanasia, induce spesso a non voler prolungare una situazione in cui all`angoscia della morte o al dolore fisico si somma la percezione della sofferenza dei famigliari. Questi valori laici, che sono considerati importanti già per la maggioranza della popolazione italiana, più che la tutela di una vita in senso astratto, ancora non sembrano però influenzare il voto politico: un fatto su cui fanno grande affidamento gli esponenti politici e i partiti che si pongono come riferimento per i valori della chiesa cattolica. E che può mettere seriamente a rischio il cammino del Pd. Non so dire però, francamente, quanto sia strategico puntare sulla legalizzazione dell`eutanasia per i malati terminali, mentre è in corso una battaglia per le direttive anticipate. Da persona che ha studiato abbastanza il problema sotto il profilo della bioetica, ritengo che ci si debba rendere conto che l`eutanasia è solo una delle scelte che si dovrebbero poter fare in condizioni di fine vita. Pur dandogli la stessa rilevanza delle altre, rimane una e peraltro circoscritta alla persone in piena coscienza. Mentre le direttive anticipate di trattamento possono coprire aspetti assai più ampi e possono prevenire situazioni di sofferenza personale e disgregazione familiare, destinate a diventare un carico sociale sempre più gravoso, dove non è disponibile la coscienza per agire. In tal senso, un paese davvero civile dovrebbe dotarsi sia del cosiddetto testamento biologico, sia di una legge per l`eutanasia volontaria. Ma il primo e più importante passo, perché di più ampia portata, per migliorare la qualità del morire è una buona legge sulle direttive anticipate.