Medici divisi. Sbagliato dare la morte, servono leggi

Medici divisi. «Sbagliato dare la morte, servono leggi» ROMA — Echeggiano le parole del cardinal Martini dietro la decisione dell’Ordine di Cremona. «Le scelte del malato sono da rispettare» perchè casi come quello di Piergiorgio Welby saranno sempre più numerosi. Lo aveva detto non più di due settimane fa il vescovo emerito di Milano.

Eppure nei cattolici resta una forte resistenza ad accettare il fatto che la vita sia un bene disponibile. Non accoglie favorevolmente la notizia di archiviazione Aldo Isidori, andrologo, presidente della Commissione etica del Policlinico Umberto I: «Non discuto sulla linearità del percorso seguito dai colleghi di Cremona — è inamovibile — Martini ha ragione, e giusto tener conto dei desideri del paziente ma non dargli la morte, soprattutto se non lo conosci e non lo hai assistito. Capiteranno di certo molti altre storie simili e come ci comporteremo? Servono normative precise».

Sorpreso e contrario alla conclusione dell’Ordine di Cremona e Vincenzo Saraceni, specialista della riabilitazione e presidente dell’associazione medici cattolici. A non convincerlo e il giudizio sul dottor Riccio il cui comportamento, è scritto negli atti del fascicolo, è stato «ineccepibile dal punto di vista deontologico». Saraceni però è solo in apparenza lontano dal pensiero di Martini: «Il cardinale ha aggiunto che la volontà del malato va accolta e valutata con saggezza. Noi non siamo tecnici. Il problema non si esaurisce con un parere sul singolo caso. Bisogna chiarire se è stata o no eutanasia».
A prescindere dalle personali convinzioni, permangono i dubbi nei professionisti in camice bianco: «Spero che Welby non diventi un precedente da prendere a modello commenta Rodolfo Proletti, responsabile della rianimazione al policlinico Gemelli, senza esprimersi sul caso specifico dobbiamo riflettere su come definire eutanasia e accanimento terapeutico dal punto di vista deontologico, etico e del diritto. Servono nuove definizioni perchè parliamo linguaggi differenti e perchè la medicina è cambiata. Ognuno di noi attribuisce significati diversi ai due termini».

«Antireligioso, uno che vive come se Dio non esistesse», si definisce il chirurgo Alberto Costa direttore della scuola europea di oncologia, braccio destro di Veronesi. E trasferisce il dibattito su un altro livello: «Mi chiedo se non sia venuta l’ora che quelli come me comincino a strutturare il loro pensiero. I cattolici hanno le proprie convinzioni. Anche noi le possediamo ma non sappiamo elaborarle e facciamo regolarmente la figura di quelli che balbettano» . Costa racconta la sua esperienza personale con la fine della vita: «Papà aveva un cancro bilaterale ai polmoni. Gli somministravo valium che non era procurargli eutanasia ma accelerarne la morte questo sì. Facevo in modo che non restasse sveglio. Se ne è andato così tra le mie braccia».

Condivide il percorso e la scelta finale dell’associazione cremonese il presidente della Federazione dell’Ordine dei medici, Amedeo Bianco: «Domina in questa situazione il principio dell’autodeterminazione del paziente, cioè la potestà di rifiutare la terapia. Il collega Riccio non ha commesso eutanasia perchè non ha agito per eliminare una vita ma per rispondere alla domanda dell’uomo che chiedeva gli fosse soppressa. Altro conto è dire se io avrei staccato la spina al posto suo. Non escludo di poter assecondare una persona se le sono stato al fianco durante la malattia e ho dunque condiviso la sua esperienza. Mi lascerei forse influenzare dalle sue certezze, capaci di vincere le mie paure. Di sicuro non mi sarei comportato come Riccio che si è spostato da un’altra città per staccare una spina».