Una malattia è considerata rara quando ha una prevalenza nella popolazione generale inferiore ad una data soglia, codificata dalla legislazione di ogni singolo paese. L’Unione europea definisce questa soglia allo 0,05% della popolazione, ossia un caso su 2000 abitanti; l’Italia si attiene a quella definizione.
La definizione di malattia rara è uscita fuori dal recinto dei specialisti per entrare nelle conversazioni delle persone comuni da meno di una settimana da quando cioè è stato reso noto il testo del nuovo provvedimento del ministro della Salute, Renato Balduzzi, sui Lea, i Livelli essenziali di assistenza (le circa seimila prestazioni e servizi garantite dalla sanità pubblica) che attendevano da anni l’aggiornamento dopo la loro prima definizione del 2001.
E nel nuovo panorama dell’offerta di sanità pubblica arriva anche il riconoscimento di 110 malattie rare e cinque nuove patologie croniche: enfisema polmonare e broncopolmonite cronica, le osteomieliti (patologie infiammatorie delle ossa), le malattie renali croniche, il rene policistico autosomico dominante e la sarcoidosi al II, III e IV stadio, cioè malattie che interessano più tessuti e organi con formazioni di granulomi e che comportano problemi polmonari, cutanei e oculari. Nei Lea entra anche la sindrome da Talidomide (un farmaco in commercio alla fine degli anni ’50 riconosciuto come causa di malformazioni gravi nei neonati). Per fare spazio a questi nuovi ingressi, in una fase di risorse sono scarse si è puntato allora sui risparmi che si potranno (certamente) ottenere incidendo sulle prescrizioni di esami diagnostici inutili (ad esempio la risonanza magnetica per un dolore al ginocchio in pazienti molto avanti con l’età).I soldi per pagare la diagnosi e la cura delle malattie rare con i fondi del Servizio sanitario nazionale dovrebbero triovarsi calmierando il numero di analisi prescritte dai medici.
Come è attrezzato l’Abruzzo per affrontare la novità?
La situazione è abbastanza confusa soprattutto a causa del registro delle malattie rare istituito nel 2006, il registro è nato ufficialmente nel febbraio dell’anno successivo con una delibera della giunta Del Turco. Il registro copre 19 dei 20 punti nascita regionali , con l’eccezione dell’ospedale di Pescara che ha manifestato difficoltà a far fronte al compito. La delibera prevedeva uno stanziamento di 150mila euro per l’istituzione del centro regionale. Poi sarebbero dovuti seguire la creazione di una rete regionale delle malattie, l’ individuazione di un centro di riferimento regionale e l’invio, ogni anno, del rapporto sullo stato delle cose all’Istituto superiore di sanità.
Il rapporto dell’Iss del 2011 non era però lusinghiero per la sanità regionale giacché attestava che «le fonti di finanziamento e la durata del finanziamento del registro non sono specificate; il rilevamento del caso a livello regionale è cartaceo; non viene effettuato un controllo di qualità dei dati; il personale dedicato all’implementazione e alla gestione dei dati del registro è costituito da un solo medico; non si effettua un aggiornamento periodico delle informazioni». A questo va aggiunta un’interrogazione presentata, tre mesi fa, dal consigliere regionale di Sel (sinistra ecologia e libertà), Franco Caramanico, in cui si chiedeva conto del registro delle malattie rare in Abruzzo. Tre le domande poste da Caramanico all’assessore regionale alla prevenzione, Luigi De Fanis: 1) quale sia lo stato di completezza del Registro delle malattie rare; 2) quali iniziative intenda mettere in atto per favorire la pubblicazione dei dati e il loro libero accesso ; 3) come siano stati impiegati i fondi di cui sopra e con quali risultati. A spingere il consigliere di opposizione a porre quesi quesiti erano due ragioni di fondo: «Il registro, la cui copertura riguarda 19 dei 20 punti nascita regionali avendo l’ospedale di Pescara manifestato difficoltà nella registrazione dei casi, è stato rifinanziato diverse volte per un totale di 500 mila euro; secondo quanto si apprende dalla denuncia presentata dalle associazioni Sos Utenti e Amico l’accesso ai dati è stato incompleto ed è avvenuto con notevole ritardo rispetto alle richieste presentate dalle stesse associazioni». Le risposte della regione? «Sono ancora in attesa», commenta Caramanico.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.