Malati uniti d’Europa, ci si può curare ovunque – La salute senza frontiere ti fai visitare in Europa e il conto lo paga la Asl

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La Repubblica
Michele Bocci

Spostarsi in Francia per fare un intervento chirurgico o andare in Germania per sciogliere i dubbi di una diagnosi complicata, sempre senza spendere un euro. Dopo la libera circolazione dei servizi, l’Europa ha sancito quella dei pazienti e dall’anno prossimo i cittadini potranno viaggiare da uno Stato all’altro con la prospettiva di non pagare anche per prestazioni che potrebbero ottenere in Italia.

Il conto sarà presentato da chi li ha curati alla loro Asl di provenienza, più o meno come avviene oggi per coloro i quali si rivolgono all’ospedale di una regione italiana diversa dalla propria. La direttiva 24 del 2011 dell’Unione Europea oltre al potenziale effetto per i cittadini trascina con sé conseguenze economiche la cui portata oggi non è molto facile immaginare ma che saranno comunque significative. «Darà al tema della mobilità sanitaria internazionale un impulso senza precedenti», dicono al ministero della salute.

Per ora le cure all’estero vengono rimborsate solo se la propria Regione di provenienza dà il consenso e generalmente questo avviene in caso di prestazioni di alta specialità impossibili da trovare da noi e inserite in una listaspeciale. Questo vale solo per le attività programmate, perché per quelle di emergenza non ci sono particolari problemi di accesso alle cure negli altri paesi. Nel 2010 la migrazione dei pazienti è costata quasi 164 milioni di euro al nostro sistema sanitario mentre i malati dall’estero hanno portato circa 87 milioni. Il saldo è ampiamente negativo. Con l’eliminazione degli ostacoli che impediscono ai malati di cercare cure in tutta la Ue, i vari paesi si metteranno in concorrenza. Lo farà anche l’Italia, che malgrado i gravissimi problemi economici della sanità, con riduzioni e razionalizzazioni del sistema ormai quotidiani nelle Regioni, cercherà di promuovere le sue strutture migliori.

«Si tratta di una grande occasione per far conoscere la nostra sanità pubblica di eccellenza—dicono dal ministero alla salute italiano — ma bisogna essere preparati». Si punta su internet per rendere noti i dati delle migliori strutture italiane. Da un paio d’anni è già attivo il sito sugli “esiti” dei pazienti negli ospedali. E’ però un po’ troppo tecnico e complicato per i cittadini. «Lo renderemo più fruibile per tutti, ispirandoci anche ad altri paesi. Sarà sia in italiano che in inglese. Ci auguriamo che la direttiva cross-border renda più competitivo all’estero il nostro sistema». E’ l’atto della Ue a prevedere che vengano creati dei “contact point” in cui inserire le informazioni sulle attività sanitarie.

Nei prossimi giorni si svolgerà una riunione tra i tecnici del governo e i rappresentanti delle Regioni per scrivere le regole di applicazione della direttiva europea, che sarà resa operativa tra l’estate e l’autunno prossimi. Bisogna anche valutare la possibilità di mantenere una qualche forma di autorizzazione preventiva.

Riguardo ai pazienti in uscita, infatti, alcune Regioni temono che possano essere create in altri paesi strutture di dubbia qualità che offrono cure miracolistiche per malattie gravi e quindi attraggono pazienti anche dall’Italia. «Per entrare a far parte della rete europea—spiegano sempre dal ministero — bisognerà ottenere un accreditamento, quindi questo rischio è scongiurato. Allo stesso modo è necessario creare dei tariffari unici per i vari interventi sanitari». Vanno cioè armonizzati i prezzi che ogni paese riconosce per le varie attività sanitarie così da evitare che ci siano differenze all’interno dell’Unione europea, cosa che porterebbe uno Stato ad incassare più degli altri, ad esempio, per lo stesso intervento chirurgico. Ma, come spiegano sempre dal ministero, non è solo una questione di ricevere cure mediche all’estero. «La normativa vuole costituire un sistema di cooperazione di sistemi diversi. Ad esempio riconoscendo anche le prescrizioni di medicinali che possono assicurare continuità delle cure una volta rientrati nel paese di residenza o creando una rete di centri di eccellenza, agevolando anche la mobilità delle competenze».