L’ultimo giallo della ricerca, il tesoretto non c’è più

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Che fine ha fatto il “tesoretto” dell’Iit? Dove sono gli oltre 400 milioni di euro destinati all’Istituto italiano di tecnologia e giacenti da anni su un conto corrente della Banca d’Italia? A quanto pare non si trovano più. Il dubbio che fossero stati già spesi per tappare altre falle nei conti pubblici aleggiava da tempo, ma ieri in Commissione Bilancio della Camera è andato in scena qualcosa di molto simile a una conferma. Tra gli emendamenti alla manovra in discussione c’era anche quello che ( primo firmatario il deputato della Svp Daniel Alfreider ) chiedeva di prelevare i 415 milioni del cosiddetto “tesoretto” Iit per distribuirli a tutta la ricerca scientifica italiana. Una battaglia che vede impegnata in prima linea la biologa e senatrice a vita Elena Cattaneo, convinta che l’Istituto di Genova diretto dal fisico Roberto Cingolani riceva un finanziamento pubblico ( 96 milioni all’anno ) sproporzionato ai risultati ottenuti e soprattutto che sia una realtà troppo più ricca del resto della ricerca pubblica italiana.

Dall’altro versante si replica che l’Iit è destinatario dell’ 1 % dei finanziamenti pubblici ma produce il 10% dei brevetti registrati dai laboratori italiani. Una polemica proseguita per mesi con toni molto aspri e senza esclusione di colpi, tra interventi in Parlamento e sui giornali, il coinvolgimento del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, schierato sulle posizioni di Elena Cattaneo, e, nei giorni scorsi, degli amministratori liguri, dal sindaco di Genova Marco Doria al governatore Giovanni Toti, che temono invece una manovra concepita per ridimensionare una eccellenza del loro territorio come l’Iit. Ebbene la vicenda sembrava ieri a un passo dall’epilogo: intorno all’emendamento della Svp c’era consenso quasi unanime, tutti d’accordo a redistribuire alla malconcia scienza italiana quei 415 milioni ormai congelati da anni, compreso il ministero della Ricerca, anche se la titolare Valeria Fedeli suggeriva di elaborare un progetto più articolato rispetto a un semplice trasferimento di denaro da un conto all’altro. Poi però in Commissione Bilancio è arrivato lo stop: prima l’emendamento è stato accantonato per “approfondimenti”, quindi il governo ha fatto pressioni perché fosse ritirato definitivamente. Si è pensato a un intervento in extremis di chi vuole salvaguardare l’Iit e il suo capitale sociale. È subito spuntata però un’altra possibile spiegazione: contattata da Repubblica, la senatrice Elena Cattaneo ha infatti riferito che «ambienti della maggioranza hanno detto, lasciandomi sconcertata, che quei fondi non ci sono più perché lo Stato li ha già usati». Insomma, nel momento in cui stava per essere finalmente scovato il “tesoretto” si è dissolto come neve al sole. «Se davvero fossero stati usati per altri scopi sarebbe molto grave perché erano stati destinati alla ricerca e all’innovazione» dicono dallo staff della senatrice Cattaneo. «Ci spieghino almeno che fine hanno fatto». Anche perché fino al dicembre 2016 la Corte dei Conti esaminando i bilanci di Iit ha certificato che gli oltre 400 milioni erano effettivamente sul famoso conto di Bankitalia. E anche dall’Istituto italiano di tecnologia confermano: «Li abbiamo risparmiati nei primi anni di avvio dei laboratori, quando avevamo poco personale e poche infrastrutture, quindi costi ridotti rispetto al finanziamento. Per quanto ci riguarda sono al sicuro in Banca d’Italia». Più laconico il commento di chi segue la vicenda al ministero dell’Economia e delle Finanze: «Il Mef è pronto ad una apertura e nei prossimi giorni saranno fatti degli approfondimenti, soprattutto perché è in gioco un tema delicato come la ricerca scientifica». La caccia al “tesoretto” continua.