Londra, verso “linee guida” sul fine vita

gran bretagnaLinee guida precise per decidere come comportarsi con i malati terminali. Una decisione che rimanda al Parlamento una legislazione sul fine vita, ma che di fatto riapre un dibattito molto acceso in seno alla società britannica, scossa da un caso che ha fatto molto clamore. Debbie Purdy, malata di sclerosi multipla, si era appellata ai Law Lord – la massima istanza giudiziaria del Regno Unito – per potersi sottoporre al suicidio assistito in Svizzera accompagnata dal marito.

La 46enne di Bradford si era rivolta ai Law Lords affinché facessero chiarezza sulla posizione legale di chi accompagna un malato terminale all’estero per l’eutanasia. In Inghilterra e Galles aiutare o incoraggiare qualcuno a uccidersi resta un reato, punibile con la reclusione fino a 14 anni: accompagnare all’estero una persona affetta da malattie terminali perché venga aiutata a uccidersi sinora è dunque un crimine. Solo uno di coloro che hanno accompagnato i 117 britannici che finora hanno scelto la «dolce morte» in Svizzera – dove la pratica è tollerata – era stato arrestato una volta rientrato nel Regno. Per questo la Purdy ha chiesto chiarimenti sulla legge e maggiori garanzie per l’immunità del marito, Omar Puente, un violinista cubano che lei teme potrebbe essere trattato con particolare durezza dalle autorità proprio perché straniero. Annunciando il loro verdetto alla Camera dei Lord ieri pomeriggio, i cinque Law Lords, pur ribadendo che una nuova legge in materia è compito dei Parlamento, hanno chiesto a Keir Starmer, il Director of Public Prosecution – ovvero il magistrato incaricato di determinare i cambiamenti nei procedimenti legali -, di elaborare linee guida specifiche su come procedere in casi come questo, identificando fattori e circostanze che verrebbero presi in considerazione nel decidere se perseguire penalmente un individuo che ha accompagnato un malato all’estero per l’eutanasia. I Law Lords hanno poi affermato che, secondo l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, la Purdy ha diritto di decidere come morire. La Purdy, che ha contratto la sclerosi multipla nel 1995, non può più camminare e sta gradualmente perdendo l’uso della parte superiore del corpo.