Stato vegetativo definizione
Lo stato vegetativo è una condizione clinica caratterizzata dalla ripresa della veglia, senza contenuto di coscienza e consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante.
Molti pazienti emergono da uno stato vegetativo in poche settimane, ma per quelli che non si riprendono entro 30 giorni si parla di stato vegetativo persistente (SVP).
Le possibilità di recupero dipendono dall’entità della lesione al cervello e dall’età del paziente, con le migliori possibilità di recupero per i giovani rispetto agli anziani. Escludono lo stato vegetativo la presenza di segni anche minimi di percezione cosciente o di motilità volontaria, come una risposta riproducibile a un comando verbale o gestuale, anche limitata al semplice battito degli occhi.
Lo stato vegetativo persistente e permanente
L’espressione stato vegetativo persistente, denominata anche sindrome apallica, fu introdotto quasi trent’anni fa da B. Jennet e F. Plum per descrivere i pazienti affetti da una distruzione irreversibile della corteccia cerebrale e non del tronco encefalo.
Stato vegetativo persistente
Le cause più frequenti dello stato vegetativo persistente sono, tra le cause acute, i traumi cranici, tra quelle croniche, più rare (25% del totale), le malattie degenerative del sistema nervoso (ad esempio il morbo di Alzheimer).
Il quadro clinico di questi pazienti presenta un risparmio delle funzioni vegetative, tra cui la respirazione, anche se il ritmo sonno-veglia viene ancora mantenuto. Vengono perse tutte le funzioni corticali superiori (intelligenza, coscienza, linguaggio, funzioni affettive). Normalmente, questi pazienti giacciono in posizione fetale, con ipertrofia spastica degli arti inferiori e possono presentare movimenti spontanei come la masticazione.
Il paziente può sembrare persino vigile, ma non ha in realtà nessun contenuto di coscienza. Questo stato può durare anche anni, ma la maggior parte dei pazienti decede nel primo mese.
Gli standards di elaborazione internazionale per la definizione di SVP, impongono la distinzione dei concetti di permanenza.
Difatti, mentre l’aggettivo persistente si riferisce solo a una condizione di passata e perdurante disabilità con un incerto futuro, l’aggettivo permanente implica l’irreversibilità.
Può dirsi quindi che quella di Stato vegetativo persistente sia una diagnosi, mentre quella di Stato vegetativo permanente sia una prognosi (distinzione elaborata dalla MultiSociety Task force on PVS nel lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine, vol. 330, n. 21 e 22).
Prima di dichiarare permanente, cioè irreversibile, lo stato vegetativo di origine traumatica di un soggetto adulto è necessario attendere almeno dodici mesi [“è sufficiente un lasso di tempo di tre mesi per gli adulti e i bambini che siano in Stato vegetativo persistente a seguito di danni di origine non traumatica”]. Trascorso tale lasso di tempo, la probabilità di una ripresa di funzioni superiori è insignificante.
Lo Stato vegetativo permanente indica una situazione sia clinica sia giuridica del tutto diversa da quella che, secondo la legislazione attuale italiana (e di tutti gli altri paesi), può portare alla certificazione di morte cerebrale. È fuori discussione, dunque, che gli individui in SVP non rispondono ai criteri per l’accertamento della morte cerebrale.
Resta il fatto, però, che per essi non sarà mai più possibile un’attività psichica e che in essi è andata perduta definitivamente la funzione che più di ogni altra identifica l’essenza umana. Essi sono esseri puramente vegetativi!
Difatti, in presenza della diagnosi di tale condizione e trasloco in lasso di tempo-limite, la prognosi è definitivamente infausta quanto ad un possibile recupero delle funzioni percettive e cognitive, poiché “la probabilità di una ripresa di funzioni superiori è insignificante” e “non sarà mai più possibile un’attività psichica”.
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