Il senatore Massimo Livi Bacci ha insegnato per anni Statistica demografica all’università di Firenze. Un uomo sulla settantina dall’accento toscano inconfondibile.
Nel suo intervento al Congresso online dell’Associazione Luca Coscioni Livi Bacci ribadisce l’importanza della libertà della ricerca scientifica nel campo di sua competenza. Lo fa riportando casi concreti di restringimento della libertà di ricerca in ambito demografico a causa di ingerenze statali. Cita gli Stati Uniti dei Reagan e dei Bush, che hanno congelato i finanziamenti pubblici alle associazioni e alle ONG, che si occupavano a vario titolo di questioni demografiche e quindi anche di aborto. Per anni l’Agenzia delle Nazioni Unite per la ricerca sulla popolazione non ha ricevuto i contributi americani; sono stati i Clinton e ora gli Obama a sbloccare il finanziamento delle organizzazioni abortiste.
Altro punto nevralgico della ricerca nelle scienze sociali riguarda la libertà di informazione e l’accesso ai dati. “Quando si ricercano informazioni statistiche su Paesi dittatoriali, si assiste a un rarefarsi delle pubblicazioni”, dice Livi Bacci. C’è, ad esempio, un vacuum di informazioni sugli andamenti demografici nell’Unione Sovietica tra il 1937 e la fine degli anni Cinquanta; in Cina il primo censimento dopo la fondazione della Repubblica popolare risale al 1981, e mancano quindi i dati relativi agli effetti della politica del Grande Balzo in avanti, che provocarono milioni di morti a causa della carestia.
Ultimo elemento di tensione, su cui si sofferma il senatore demografo, riguarda “l’opportunità o meno di identificare le nazionalità o, addirittura, le caratteristiche degli individui in determinate condizioni”. Il conflitto tra l’esigenza di studiare determinati fenomeni e il diritto alla privacy dei singoli individui rimane irrisolto.
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