Lettera a Napolitano – Noi scienziati diciamo bravi ai giudici de L’Aquila

Il Fatto Quotidiano
Alessandro Martelli, Lalliana Mualchin

Egregio Signor Presidente, siamo molto preoccupati per le fuorvianti informazioni diffuse da alcune organizzazioni scientifiche, da alcune riviste e da alcuni quotidiani sulla sentenza di condanna in primo grado dei membri della commissione Grandi Rischi, che si riunirono a L’Aquila il 31 marzo 2009. La disinformazione su tale argomento ha indotto la comunità scientifica e l’opinione pubblica a ritenere erroneamente che le motivazioni del rinvio a giudizio dei componenti della Cgr consistano nell’aver essi “fallito nel prevedere il terremoto”; questa interpretazione erronea può influenzare la comunità scientifica e l’opinione pubblica contro una sentenza pronunciata nel nome del popolo italiano. Una lettera firmata da oltre 5.000 esponenti della comunità scientifica internazionale era stata inviata alla Sua attenzione già prima del rinvio a giudizio, sulla base di questo falso assunto. Abbiamo osservato, con disappunto, che tale erronea posizione persiste anche ora che il processo al Tribunale de L’Aquila, lungo e doloroso, ha portato alla condanna in primo grado di tutti i componenti della Cgr. Ci sembra che coloro che hanno preso posizione contro la sentenza non abbiano capito, e forse neppure letto, le motivazioni

L’opinione pubblica non ha capito: il processo alla Grandi Rischi ha solo accertato la verità, non ha intimidito la scienza dell’accusa. Noi, invece, siamo convinti che la sentenza abbia messo in luce delle precise responsabilità dei componenti della Cgr, che sono stati accusati non per non aver saputo prevedere il terremoto, bensì per aver voluto convalidare una previsione di “non rischio” in corso, nonostante alcuni di questi scienziati avessero precedentemente pubblicato articoli in cui sostenevano il contrario sulla situazione a L’Aquila. Inoltre, la mancanza d’indipendenza di giudizio della Cgr, che ha rilasciato dichiarazioni in linea con il Dipartimento della Protezione civile, dimostra che il rapporto tra il mondo della ricerca e le istituzioni preposte alla salvaguardia della popolazione deve essere rivisto. Il processo è stato pubblico ed è accuratamente documentato nei registri giudiziari. La documentazione processuale, già disponibile, dimostra che non si è messa in discussione, né tantomeno attaccata, la scienza. Lo scopo del processo è stato solo di accertare la verità, per il trionfo della giustizia, non certo di intimidire la scienza. Questo procedimento giudiziario costituirà un riferimento, dal punto di vista giuridico internazionale. Interpretandolo come un attacco alla scienza e agli scienziati, i detrattori dei suoi esiti travisano la realtà dei fatti. Noi crediamo, al contrario, che tali esiti siano di estrema importanza per stimolare i ricercatori a “fare scienza” in modo responsabile e imparziale, in particolare quando si tratta di indagare fenomeni naturali non prevedibili con precisione e suscettibili di gravissime conseguenze quali sono i terremoti. Siamo convinti che tutte le persone dotate di buon senso concorderanno sul fatto che gli scienziati, inclusi i membri del Cgr, sono tenuti a rispondere delle loro azioni in modo responsabile — così come anche tutti gli altri professionisti — in materia di Protezione civile. È giusto che il rispetto e l’onore concessi loro dalla comunità siano da essi ricambiati con un’attività svolta con integrità, altruismo e onestà. Non ci sentiamo per nulla minacciati nella nostra professionalità dalla sentenza di condanna del Giudice Marco Bili del Tribunale de L’Aquila. Essa non riguarda la scienza, non è una condanna alla scienza. Siamo fortemente in disaccordo con chi paventa che, a seguito della sentenza del Tribunale de L’Aquila, gli scienziati, in futuro, avranno paura di fornire la propria opera a supporto alla Protezione civile. Riteniamo che una tale infondata visione sia il risultato diretto dell’errata interpretazione delle motivazioni dell’accusa e della sentenza di condanna che le ha recepite. Pensiamo che la conclusione di questo tragico evento possa rappresentare l’inizio di un percorso più virtuoso, dal punto di vista sia scientifico che etico, per il futuro dell’Italia.

Gli scienziati saranno, in futuro, più che disposti a mettere al servizio della comunità la loro esperienza, usando maggiore precauzione sia nell’analisi del rischio sia nella comunicazione alla popolazione, soprattutto per la salvaguardia della sicurezza della popolazione, alla quale dovranno essere comunque sempre comunicati, con onestà, i limiti delle conoscenze scientifiche. Infine, sottolineiamo che, anche se i terremoti non sono prevedibili con precisione, la politica della Protezione civile pub essere efficacemente indirizzata anche dai risultati dei più recenti studi sia nel settore della sismologia sia in quello dell’ingegneria sismica, che tengano in considerazione l’evento massimo atteso, che pub essere stimato in modo “robusto”, sia nel breve che sul lungo termine.

I soci fondatori e sostenitori dell’International Seismic Safety Organization:

Alessandro Martelli, Lalliana Mualchin, Benedetto De Vivo, Indrajit K. Ghosh, Allen W. Hatheway, Jens-Uwe Klúgel, Vladimir G. Kossobokov, Ellis L. Krinitzsky, Efraim Laor, Giuliano Panza, Mark R. Petersen, Francesco Stoppa, Augustin Udias, Patrick J. Barosh