Legalizzazione della cannabis – La legge andrà in aula alla Camera

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La Stampa
Ilaria Lombardo

Per un radicale come lui c’è da farsi venire i lacrimoni agli occhi: per la prima volta un testo di legge per la legalizzazione della marijuana potrebbe varcare il portone dell’aula della Camera: «Esattamente venti anni dopo» ricorda Benedetto Della Vedova, viceministro: «Nel 1995 mi arrestarono assieme a Marco Pannella. Distribuimmo hashish e mi beccai una condanna a 4 mesi». Al pensiero lo inorgoglisce l’idea di essere stato lui il promotore di un’iniziativa che ha una caratura completamente parlamentare.

D’altronde l’esecutivo meno ha a che fare con le canne meglio è, se non vuole fumarsi la maggioranza dove il Pd è in coabitazione con i popolari che già ieri, tramite Maurizio Lupi, hanno fatto capire di gradire poco la calendarizzazione fissata per il prossimo trimestre. Ma le minoranze che sono una buona componente del robusto intergruppo di 220 parlamentari che ha lavorato al testo, l’hanno spuntata grazie alla quota di proposte da mettere in discussione riservata alle opposizioni.

Il ddl è frutto di un’opera di cesellatura di diversi testi, che portano la firma di Pippo Civati, ex Pd, Roberto Giachetti, renziano dem e altro storico reduce radicale, di Vittorio Ferraresi, M5S, e di Sel. La liberalizzazione prevede fino a 15 grammi di cannabis per uso ricreativo, ma solo per i maggiorenni e all’interno della propria abitazione, dove sarà anche possibile coltivare fino a 5 piante di marijuana. Fuori casa il tetto al possesso personale scende a 5 grammi. Mentre sarà assolutamente vietata la detenzione per i minorenni e lo spaccio, anche il più piccolo.

Dalla Spagna arriva invece la formula della coltivazione collettiva, attraverso cannabis club dove potranno associarsi, sempre senza alcun fine di lucro, fino a 50 persone. In questo come in altri casi (vedi ius soli e unioni civili), l’argomento dei difensori dello status quo è un po’ sempre giocato sulla stessa logica che «le priorità sono altre». E di fatti cosa dice la contrariatissima leader di Fdi Giorgia Meloni? «La disoccupazione giovanile continua a crescere, e siccome ai giovani non sono in grado di garantire un lavoro, gli propongono di farsi una bella canna, così non ci pensano…».

In verità, i realisti del Pd sono i primi a spegnere gli entusiasmi e a far circolare la freddezza degli ambienti governativi sull’apertura di un altro fronte che inguaierebbe gli equilibri di maggioranza. La buttano sul calendario fitto di appuntamenti cruciali, le riforme e la sessione di Bilancio, per cui, sostengono, «difficilmente se ne discuterà». Va da sé che provarci non costa nulla: «Non vogliamo correre ma arrivare» spiega Della Vedova. Certamente il clima è cambiato, anche dentro il palazzo dove il forte ricambio generazionale ha giocato a favore.

Ma i parlamentari ricordano che altre voci autorevoli, della Direzione nazionale antimafia e del presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, si sono espresse per la depenalizzazione e la liberalizzazione in funzione anticriminalità. Una grossa mano la dà, poi, il fronte internazionale. E’ notizia di ieri che l’Oregon, dopo il Colorado e Washington, è il terzo stato Usa a rendere legale la vendita di marijuana a uso ricreativo. Il business della cannabis è ormai un orizzonte. Il Colorado lo ha indicato: sta raddoppiando gli introiti fiscali (73 milioni a luglio 2015), in un giro di affari che si allarga e sta generando start-up, app, iniziative imprenditoriali. «E’ una questione – dice Civati – che vale più della Tasi».