Lea, l’appropriatezza «pesa»

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Il Sole 24 Ore
Barbara Gobbi

Sindacati e associazioni fanno le pulci alla bozza di Dpcm che modifica i Livelli essenziali di assistenza. Indici puntati su appropriatezza, sostenibilità, ticket e riorganizzazione delle cure

Lo schema dei nuovi Lea, anticipato da Sanità24, è giurato al momento di andare in stampa alle ultime limature ministeriali. I nodi sono tanti, come evidenziato dalla carrellata di commenti pubblicata in queste pagine ed esemplificativa di un malcontento ampio rispetto a un documento “monstre” – se si guardano gli allegati – che forse non è più adeguato a recepire e a regolamentare la complessità di interventi, di innovazioni, di modifiche che stanno cambiando il volto del nostro Servizio sanitario nazionale. Senza contare che – per quanto i fondi blindati dalla legge di Stabilità 2016 a favore dei nuovi Livelli essenziali di assistenza siano raddoppiati (800 milioni), rispetto alle previsioni iniziali fatte dal ministero nella prima versione di febbraio 2015 – è evidente che l’universalismo è diventato una chimera. La sostenibilità di cui tanto si parla non potrà fare a meno, pare di capire a leggere la bozza del Dpcm, del robusto, sempre più robusto, contributo del cittadino. Le prestazioni che escono dall’ospedale dovrà pagarsele in parte di tasca propria, così come una fetta di quell’innovazione – sacrosanta – prevista dal nomenclatore delle protesi e degli ausili. Mentre restano da quantificare i costi della prateria sterminata del socio sanitario e della cronicità: qui il ministero ha lavorato a una ridefinizione puntuale dell’assistenza, basata sui bisogni.

Ma i costi della riorganizzazione?

Anche in questo caso, è difficile capire come comporre un puzzle cui mancano tessere fondamentali, come le nuove cure primarie cui Sisac e sindacati stanno mettendo mano. E questi sono solo alcuni input. I Lea nuovi nascono già in affanno malgrado di tempo ce ne sia stato: è che la coperta è corta e tutto, sotto, non ci può stare. In questo scenario l’appropriatezza, dovuta e doverosa, rischia però di trasformarsi anche in un grande alibi per giustificare all’occorrenza l’eliettivo ridimensionamento dei Lea. Non a caso, la presidente Fnomceo Roberta Chersevani e la ministra della Salute Beatrice Lorenzin si sono incontrate anche venerdì scorso per trovare una formulazione accettabile dell’articolo 16 dello schema di Dpcm su “condizioni o limiti di erogabilità delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale”, con cui si traghetta nei nuovi Lea la magagna del decreto appropriatezza. La questione è sempre la stessa e come noto ha surriscaldato il dibattito tra professionisti e Lungotevere Ripa negli ultimi mesi, continuando a condizionare l’attività quotidiana negli studi dei camici bianchi: appropriatezza o erogabilità delle prestazioni? Fino a che punto il medico pre-scrittore può essere vincolato al rispetto di una “nota”? I nuovi Lea provano a segnare paletti precisi ma pure con la buona volontà dichiarata da parte del ministero, il concetto stesso di libertà prescrittiva (essenzialmente del medico di medicina generale), corollario dell’esclusività del rapporto terapeutico e di fiducia con il paziente, trova inevitabilmente un limite nell’esigenza di restare entro confini di spesa ben precisi. E sempre più stretti.