Le staminali geneticamente “corrette” continuano a riprodursi dopo il trapianto

La Stampa

Nel 2013 un team di scienziati è riuscito a curare sei bambini affetti da una malattia genetica rara grazie all’impiego di cellule staminali

La svolta è stata nel luglio 2013. Grazie alla terapia genica con cellule staminali un team dell’Istituto San Raffaele Telethon di Milano, guidato da Luigi Naldini, riuscì a curare sei bambini affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara malattia genetica caratterizzata da deficit immunitario. Oggi, a distanza di tre anni, arriva un’ulteriore conferma: in uno studio su «Cell Stem Cell» gli scienziati milanesi hanno dimostrato che le cellule staminali, «corrette» attraverso la terapia genica, si sono riprodotte e permangono nel tempo dopo il trattamento. Un risultato possibile attraverso un’indagine che ha tracciato la storia delle staminali in laboratorio.

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«Quando le staminali del paziente vengono corrette – spiega Luca Biasco, autore dello studio con Alessandro Aiuti – il gene terapeutico va a integrarsi nel geno-ma in un punto diverso da cellula a cellula. II sito di integrazione diventa quindi di per sé un segno distintivo, una sorta di codice a barre molecolare, che puòessere riconosciuto dopo che le staminali corrette sono state rinfuse nel paziente anche a distanza di anni dal trapianto. Non solo: questo codice viene ereditato dalle cellule figlie, generate per differenziazione dalle staminali che hanno attecchito nel paziente». Attraverso l’analisi del percorso fatto da queste cellule lo studio ha permesso di scoprire che le staminali ricostituiscono le cellule del sangue in due ondate principali: una più precoce e a breve termine, un’altra più tardiva e stabile a diversi anni di distanza dal trapianto. Lo studio sembra anche suggerire che dei milioni di staminali infuse nei pazienti poche migliaia sono sufficienti a sostenere una produzione stabile e duratura di cellule del sangue nell’individuo trapiantato.