Le regioni e la cannabis terapeutica: troppe leggi, pochi pazienti

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Antonella Soldo

La legge italiana consente l’uso di medicinali a base di cannabis già dal 2007, con un decreto del ministro della Salute Livia Turco, legittimità ribadita nel 2013 da un decreto firmato dal ministro Balduzzi. A questi provvedimenti negli ultimi anni si sono affiancati delle specifiche norme regionali. Attualmente le regioni che hanno introdotto dei provvedimenti che riguardano l’erogazione di medicinali a base di cannabis sono undici: Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria, Basilicata ed Emilia Romagna. Le normative regionali convergono tutte nel disciplinare l’erogazione dei medicinali a carico dei propri Servizi sanitari regionali (Ssr), ma sotto altri aspetti presentano una notevole disomogeneità: in alcuni casi i provvedimenti si limitano semplicemente a recepire quanto già stabilito dalla normativa nazionale, altrove sono previste specifiche campagne di informazione per il personale medico, oppure sono previsti degli appositi capitoli di spesa nei bilanci regionali per garantire le disposizioni dei testi, mentre in altri casi ancora le regioni hanno stabilito l’avvio di progetti pilota per la coltivazione a scopi terapeutici.

Il rischio maggiore comunque è che tutte queste leggi restino dei “provvedimenti bandiera”, visto che spesso all’approvazione delle delibere non segue l’attuazione. Basti pensare che lo scorso anno solo 40 pazienti in tutta Italia sono riusciti ad accedere a questa terapia: insomma la strada da fare per la conoscenza e l’affermazione dei farmaci cannabinoidi è ancora tanta.

 

Le pioniere: Puglia e Toscana

La prima regione ad intervenire è stata la Puglia, nel 2010,  con una delibera di giunta approvata su proposta di Andrea Trisciuoglio, storico attivista per la cannabis terapeutica, attualmente segretario dell’associazione Lapiantiamo. Il provvedimento è stato poi integrato e sviluppato in una legge regionale emanata il 12 febbraio del 2014 e sancisce che i farmaci siano acquistati, o preparati e forniti, dalla farmacia ospedaliera e posti a carico del Servizio sanitario regionale, anche dopo la dimissione del paziente nel caso in cui si ravvisi un’esigenza di continuità terapeutica. Analoghe disposizioni sono contenute nella legge regionale Toscana, approvata a maggio del 2012. 

 

Le leggi impugnate dal governo: Veneto e Liguria

Sempre nel 2012, a settembre, è stata varata una legge in Veneto, che ha subito però un iter più travagliato. Inizialmente il testo prevedeva, all’articolo 5, la possibilità per la giunta regionale di “avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con il Centro per la ricerca per lecolture industriali di Rovigo, con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi”.

Il governo impugnò però la legge regionale innanzi alla Corte costituzionale sostenendo che  l’articolo in questione avrebbe costituito un’autorizzazione ex lege alla produzione delle sostanze cannabinoidi. La Consulta respinse il ricorso osservando come nella disposizione fosse già chiaro che qualsiasi iniziativa di avvio di sperimentazione o coltivazione da parte della regione sarebbe avvenuta “secondo la normativa vigente” e che il rilascio delle autorizzazioni alla produzione di principi attivi stupefacenti sia comunque competenza del ministero della Salute e non delle regioni

Anche la legge varata in Liguria nell’agosto del 2012 è stata impugnata dal governo davanti alla Corte costituzionale, che in questo caso ha dichiarato il provvedimento parzialmente illegittimo. Per recepire il pronunciamento della Consulta nell’agosto del 2013 il Consiglio regionale ha approvato una nuova legge: come in Veneto, il testo prevede la possibilità per la Giunta regionale di stipulare convenzioni con centri e istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi.

 

Il Friuli e la disinformazione dei medici

La legge della regione Friuli Venezia Giulia, approvata a febbraio 2013, affronta uno dei problemi più gravi nell’affermazione della cura con cannabinoidi: la disinformazione del personale sanitario. Al fine di favorire la conoscenza tra i medici degli ambiti e degli effetti della cura con farmaci cannabinoidi, il testo dispone all’articolo 5 la promozione di “iniziative di informazione dirette ai medici e ai farmacisti operanti nella Regione” e a tal fine ha autorizzato la spesa di 10mila euro per l’anno 2013 a carico del bilancio regionale.

 

Abruzzo, il governo prima impugna e poi ci ripensa

A gennaio del 2014 ha fatto molto discutere la rinuncia all’impugnazione del governo della legge approvata in Abruzzo. Come in Veneto, oggetto del ricorso era il fatto che il provvedimento aprisse alla possibilità per la Giunta regionale di “stipulare convenzioni con i centri e gli istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi” e ad avviare “azioni sperimentali o specifici progetti pilota con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi”. Ma, proprio perché il precedente della sentenza sulla legge veneta aveva stabilito la liceità del provvedimento e che esso non fosse in conflitto con la legge nazionale, il governo ha deciso di ritirare il ricorso.

La legge abruzzese va poi segnalata per un’altra peculiarità: l’istituzione di un apposito capitolo di spesa nel bilancio regionale di 50mila euro annui denominato “Fornitura farmaci cannabinoidi ad uso terapeutico”, al fine di assicurare la copertura finanziaria.

 

Sicilia, i dati sui pazienti

L’unico provvedimento approvato su iniziativa di un assessore regionale alla sanità è quello approvato in Sicilia che, facendo propria una nota dell’assessoreLucia Borsellino, ha emanato a marzo scorso una delibera. La delibera prevede l’onere di pubblicare periodicamente sul sito istituzionale dell’Assessorato alla Salute i dati relativi al numero di pazienti trattati e alla spesa. Infine anche la Giunta siciliana si impegna a valutare la possibilità di contenimento dei costi attivando convenzioni o specifici progetti pilota con centri e istituti nazionali autorizzati, ai sensi della normativa statale, alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi.

 

Le altre: Umbria, Marche, Basilicata, Emilia Romagna.

Il consiglio regionale dell’Umbria nel testo approvato il 7 aprile scorso dispone l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico. Tale organo, oltre a definire i protocolli attuativi della legge, ha il compito di promuovere campagne informative rivolte ai pazienti umbri e corsi di aggiornamento e formazione per gli operatori sanitari.

Il testo della regione Marche è in tutto simile a quello della regione Toscana e, a parte per il riconoscimento della rimborsabilità dei farmaci a carico del Ssr, per il resto recepisce quanto già stabilito dalla legge nazionale. Analogo impianto presentano le disposizioni della legge della regione Basilicata, emanata l’11 luglio scorso.

L’ultimo provvedimento in ordine di approvazione è quello emanato dal consiglio regionale dell’Emilia Romagna il 15 luglio scorso. Il testo non risulta ancora disponibile online.