Laicismo e diritti

Il Foglio
Angiolo Bandinelli

Intervenendo a una cerimonia tenutasi nella basilica di Sant`Ambrogio per l`apertura dell`Anno Costantiniano, l`arcivescovo della diocesi milanese, cardinale Angelo Scola, ha ammonito dei rischi insiti in una concezione dello stato che faccia riferimento al “modello francese di laicité”`, basato “sull`idea dell’indifferenza`definita come neutralità delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso”. Subito è scoppiata la polemica. Il tema è sempre lì, cova sotto le ceneri, non sorprenda questo ritorno di fiamma. Alla quale, senza alcuna pretesa, mi permetto di aggiungere qualche tizzone di mio. Non ho il testo completo dell`intervento del cardinale Scola, utilizzerò quanto ne hanno riportato i giornali. 
Data l`occasione, il cardinale ha fatto riferimento all`Editto di Milano con il quale, nel 313, gli imperatori Costantino e Licinio posero fine alle persecuzioni contro i cristiani. Fu, secondo il cardinale, “l`atto di nascita della libertà religiosa”. Il teologo Vito Mancuso ha obiettato che in quel contesto, e tenendo fissi gli occhi sulla barra della storia, è difficile parlare di libertà religiosa: nel 380 l`imperatore Teodosio emanava un editto con il quale si toglieva la libertà religiosa ai pagani e, nel 390 e 392, decreti teodosiani mettevano al bando ogni forma di sacrificio pagano, “anche in forma privata”. Quegli episodi denunciano come il cristianesimo si sia presto macchiato della stessa intolleranza del precedente paganesimo imperiale. In realtà, quali che fossero le sue personali convinzioni, la grandissima rivoluzione di Costantino per la quale l`imperatore cessava di essere deificato secondo la secolare tradizione istituzionale romana – fu concepita non per dare libertà ai culti ma per offrire all`impero un punto di riferimento capace di sostituire le vecchie e logore credenze o anche quelle forme di religiosità costituite dallo stoicismo e dall`epicureismo, intellettualmente e moralmente importanti ma incapaci di divenire una religione di massa: le comunità cristiane, diffuse, solide, bene amministrate, coese, influenti persino a corte e nella cerchia famigliare dell`imperatore, potevano essere un pilastro utile al potere imperiale. Comunque sia, l`iniziativa di Costantino apriva le porte a una concezione del rapporto tra cristianesimo e potere che sarebbe stata al centro della storia europea per tutto il Medioevo e oltre, improntando indissolubilmente il cattolicesimo romano (ma anche, in altre forme, l`ortodossia bizantina). Il riferimento all`iniziativa costantiniana sembra insomma improprio, se si vuole parlare di libertà religiosa. 
Ha invece ragione il cardinale quando denuncia la concezione dello stato laicista quale è nato sul modello ottocentesco francese. Sul piano storico quel modello era, all`epoca, ineluttabile, essendo la conclusione di un processo iniziato in pieno Medioevo e che aveva come obiettivo la costruzione di uno stato “uno e indivisibile” nel quale confluissero, senza residui, tutti gli aspetti della società (anche se poi quello stato laicista segnò, almeno in Europa, la stagione della più piena libertà religiosa per tutti). Ma il richiamo del cardinale non tiene conto del fatto che, in Europa, lo “stato nazione” appare sempre più inadeguato a risolvere i problemi posti alla società,investita anche, all`esterno, dalla globalizzazione. La crisi investe anche il sistema dei valori etici che quel modello statuale imponeva. 
Viviamo in un`epoca di altalenanti contraddizioni, dinanzi alle quali far riferimento a vecchie definizioni e antichi contrasti non ha troppo senso. Prendersela con il moribondo stato nazionale europeo così come, all`opposto, ergersi in difesa dei suoi valori, è ugualmente inutile e soprattutto fuorviante. La laicità contemporanea, la laicità del domani, è tutta da inventare, partendo da una definizione e da una difesa adeguata dei diritti umani e civili che vengono via via maturando nella coscienza comune e in nome dei quali le democrazie (o meglio, i democratici) combattono i fondamentalismi. Nel mondo in fieri, non vi sarà più uno stato a dettare i suoi protocolli valoriali, ma un sistema di comportamenti condivisi, individuati e imposti dalle ragioni della convivenza tra esperienze esistenziali e sociali diverse. Questo svolgimento, che è di lungo periodo, richiederà di individuare il soggetto istituzionale al quale ricondurre la responsabilità di emanare leggi e norme. Per quel che se ne può oggi dire, il punto di ríferímento iniziale non potrà che essere la “Dichiarazione delle quattro libertà” che fu alla base della fondazione delle Nazioni Unite, e il paradigma dovrà richiamarsi alla definizione di “individuo” e delle responsabilità, doveri e diritti che ne costituiranno l`archetipo. Da una parte verranno a esaurirsi le ragioni in difesa di valori di stampo statuale, dall`altra però anche quelle che intendono regolamentare l`individuo “globale” entro una visione ideologico-religiosa calata dall`alto. Perché? E` difficile, almeno al momento attuale, individuare una autorità etica capace di riscuotere i necessari, universali consensi.