La verità sulle staminali

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Michele De Luca

Mai come in questi mesi  le cellule staminali sono  assurte agli onori  della cronaca: se ne  parla ovunque e, a  onor del vero, quasi  sempre a sproposito. Non solo in Italia,  sempre a onor del vero. Nell’immaginario  collettivo, complici alcuni ciarlatani, speculatori  e fenomeni mediatici le cellule staminali  sono viste come la panacea per tutti i  mali, noti e persino ancora ignoti, e le regolamentazioni,  incluse le famigerate GMP  (Good Manufacturing Practice), un complotto  ordito dalle industrie farmaceutiche  per impedire ai pazienti di esercitare un  presunto diritto alla “libertà di cura”. Posizioni,  queste, spesso sposate da incompetenti  in materia e in qualche caso appoggiate,  in modo più o meno velato, da alcune  istituzioni dimentiche del fatto che dovrebbero  essere le prime a tutelare la verità dei  fatti e la salute dei pazienti.  Credo sia utile provare, ancora una volta,  a fare chiarezza. Qualche settimana fa un  articolo dell’Economist ha suscitato reazioni  di protesta per aver sostenuto che la  scienza è inaffidabile perché sbaglia troppo.  Nulla di più lontano dal vero. La scienza  sbaglia perché dispone di un metodo che  consente di avanzare nella conoscenza, e   solo se si è in grado di scoprire gli errori ci si  avvicina progressivamente a sapere come  stanno le cose. Ci sono poi ambiti, come la  medicina, dove si può sbagliare di più e dove gli scienziati possono più spesso cercare  di mentire. Ma proprio per ovviare a questi  problemi la scienza si è dotata di strumenti  di auto-controllo assai efficaci e ha potenziato  il metodo scientifico (ovviamente inviso  a ciarlatani e speculatori), per esempio  sviluppando la cosiddetta “medicina basata  sulle prove di efficacia”. Dati alla mano,  la ricerca medica moderna dall’inizio del secolo  scorso ha permesso, tra altre cose, un  notevole allungamento della speranza di vita:  anche in Italia, dato che con 81.5 anni  siamo al secondo posto nel mondo, dietro  al Giappone.  Quali sono i pilastri della medicina basata  sulle prove di efficacia? Sostanzialmente  tre: una solida ricerca di base, una ricerca  pre-clinica meticolosa e una sperimentazione  clinica rigorosa in tutte le sue tre fasi,  quest’ultima essenziale per garantire ai pazienti  la sicurezza (fase i) e l’efficacia (fasi 2  e 3) dei farmaci che vengono loro proposti.  In buona sostanza stiamo parlando delle regolamentazioni  così tanto discusse in questi  mesi. Le cellule staminali, che sono alla  base delle cosiddette terapie avanzate e della  neonata medicina rigenerativa, sono entità  più complesse dei farmaci tradizionali,  richiedono competenze multidisciplinari e  metodi più complicati di produzione. Quindi,  a maggior ragione, devono sottostare alle  regole della medicina basata su prove.  Non è quindi sorprendente che le terapie  avanzate siano oggi sottoposte quasi ovunque,  almeno nei paesi più civili, alla stessa  regolamentazione utilizzata per i farmaci.  Chi propone una derubricazione delle colture  cellulari a trapianti o chi si fa promotore  di iniziative che tendono a mettere sul  mercato terapie di non provata efficacia e  non vagliate attraverso le tre le fasi della sperimentazione  clinica mina alla radice il concetto  di medicina scientifica, con potenziale  danno per i pazienti che si dovrebbero e vorrebbero  curare. Perché lo fa? Non ci sono  che due motivi possibili, strettamente collegati  tra loro: un movente di tipo economico speculativo  e la consapevolezza dell’improbabilità  dell’efficacia delle terapie che si tenta  di mettere comunque sul mercato.  Ciò detto, scienziati di diverse parti del  globo chiedono regolamentazioni più adatte,  ritagliate su misura per le terapie avanzate  basate su colture cellulari. Credo che questa  sia una richiesta giusta, ragionevole proprio  in funzione della differenza tra un composto  chimico e una cellula. Il che non significa  assolutamente, e mi preme ribadirlo,  un allentamento delle regole o un’abolizione  dei tre principi cardine della medicina  basata sulle prove di efficacia (ricerca di base,  ricerca preclinica e tre fasi di sperimentazione clinica)  

Come si può dunque conciliare l’irrinunciabile  necessità di sicurezza ed efficacia  con la peculiarità delle colture cellulari? Le  regole attualmente applicate, originariamente  pensate per i farmaci tradizionali,  non sono in realtà del tutto ottimali per le  terapie avanzate. Per esempio su alcuni  controlli di processo, che risultano ridondanti  se non addirittura inutili, soprattutto   nel caso di terapie basate su cellule autologhe,  cioè estratte dal paziente stesso e a lui  destinate. Non è difficile, anche per i non  addetti ai lavori, immaginare che i controlli  necessari per un lotto di antibiotici utilizzati  da milioni di pazienti sono per forza di  cose diversi da quelli richiesti per la singola  coltura di cellule isolate da un singolo paziente,  e solo a lui destinate.  Sarebbe dunque opportuno che le autorità  regolatorie ripensassero alcune di queste  regole, per consentire alle terapie avanzate,  soprattutto se legate a malattie rare e  fondate su un reale razionale scientifico di  efficacia, di arrivare alle fasi i e 2 della sperimentazione  (quindi allo sviluppo vero e proprio  della terapia) con un impiego di mezzi  economici e di energie inferiori a quelli necessari  oggi per applicare tout court le regole  del farmaco. Questo, senza che si riduca  la sicurezza per il paziente, che rappresenta  sempre il primo obiettivo di qualsiasi medicina  moralmente sana.  Accanto ad una semplificazione di alcune  regole, sarebbe necessario applicare alle  terapie avanzate basate su colture di cellule  regole ancora più severe e stringenti  sui razionali e sulla ricerca di base e pre-clinica,  che giustifichino la prosecuzione dello  sviluppo del prodotto fino all’applicazione  clinica, anche se sperimentale. Questo  perché la cellula è una entità più complessa  di un composto chimico e le sue potenzialità  terapeutiche meno immediatamente note.  Tale cambiamento di prospettiva permetterebbe  di ottenere almeno due risultati:  rendere disponibili per i pazienti i prodotti  di terapie avanzate a base di colture  cellulari in tempi più brevi e con costi inferiori,  e prevenire la diffusione di trattamenti  come quelli tipo “Stamina”, privi di qualsiasi  plausibilità scientifica.  Ricordiamoci che la vera compassione,  in campo medico, sta nel fornire ai pazienti  garanzie e informazioni a cui ancorare razionalmente  le speranze che, per definizione,  nella medicina scientifica possono essere  basate solo su solide prove scientifiche.  Tutto il resto non può essere in alcun modo  definito né compassione né medicina. È solo  illusione.